Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Sissy, appuntamento nell’ascensore da due anni mi domando: con chi?»
Indagini riaperte sullo sparo. II papà dell’agente penitenziaria: tante incongruenze
+VENEZIA «Abbiamo vinto una prima battaglia. E non dovevamo vincerla così. Bisognava indagare subito. Fino ad ora abbiamo combattuto contro i mulini a vento». Trovato Mazza è il papà di Sissy, l’agente penitenziario trovata in una pozza di sangue, la pistola d’ordinanza in mano, nell’ascensore dell’ospedale Civile, due anni fa. Tentativo di suicidio per la Procura, tentato omicidio per la famiglia che da due anni chiede una pista investigativa diversa. L’altro giorno il gip Barbara Lancieri ha stabilito che ci siano altri 4 mesi di indagini, per appurare i «movimenti» del cellulare, eventuali altre tracce di Dna, la presenza di un testimone, l’infermiere che le telecamere hanno ripreso mentre si volta di scatto come avesse sentito uno sparo.
Signor Trovato secondo lei cosa è accaduto?
«Penso che Sissy in quell’ascensore avesse un appuntamento con qualcuno, forse per un chiarimento. Le telecamere mostrano che si ferma all’entrata del padiglione Jona, si muove a destra, a sinistra, si blocca un attimo alzandosi le maniche della giacca, come a dire “Non ti trovo, dove sei?”. D’un tratto si avvia verso gli ascensori come avesse visto il suo interlocutore. Poi lo sparo».
Cosa ricorda di quel giorno? «Alle 6.30 ho chiamato mia figlia come ogni mattina. Stava bene. La notizia che le avevano sparato ce l’ha data una collega di Sissy, nel pomeriggio. Da due anni è immobile a letto, l’assiste mia moglie. Dopo 24 mesi finalmente qualcuno ci ha ascoltato. E non è giusto che altri abbiano taciuto la verità».
Chi l’ha taciuta?
«Chi ha parlato di suicidio. Sono furioso perché neanche il suo Corpo d’appartenenza ci ha dato chiarimenti. E nessuna telefonata è mai arrivata da qualche superiore per sapere come sta mia figlia».
Lei pensa che ci sia un nesso tra questo comportamento e quanto accaduto a Sissy?
«Non posso sapere se quello che aveva denunciato all’interno del carcere della Giudecca dove lavorava (baci illeciti tra agenti e detenute e i presunti traffici di drog, ndr) abbia una relazione con quanto successo. Ma le incongruenze ci sono».
Quali? In due anni di indagini non sono emerse
«Come mai, ad esempio, è stato trovato il suo telefonino dopo quasi tre giorni dentro l’armadietto del carcere? Mia figlia non se ne staccava mai. Le immagini dell’ospedale mostrano che ce l’aveva in mano. Io penso che l’abbia portato in carcere qualcuno che lì ci poteva entrare. Come mai quel giorno è andata in reparto dalla detenuta partoriente da sola e non con un
collega, come da protocollo? Perché il pomeriggio l’abbiamo chiamata e il telefonino squillava? Se fosse stato in carcere lì non c’è campo. Squillava anche quando la chiamava il collega della navale che era in barca ad aspettarla fuori dall’ospedale. Non punto il dito contro nessuno. Ma qualcosa non torna».
Chi pensa possa averle sparato? «Me lo domando ogni giorno, da due anni».
Come è possibile che l’aggressore sia fuggito eludendo tutte le telecamere?
«Ci sono almeno tre o quattro uscite dove può essere scappato indisturbato».
Sissy non può solo aver cercato in quell’ascensore un posto appartato per togliersi la vita? Il giudice dice che stava attraversando un periodo difficile
«No. La sua era una vita meravigliosa: successo nello sport, famiglia unita, nessun problema economico, si era appena iscritta all’università per fare carriera»
Ora Sissy come sta?
«È grave. Dorme. Apre gli occhi. Dorme. Quando la guardi sembra quasi non abbia niente. In realtà quello sparo l’ha privata di parte del cervello».