Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Montagna, ora è emergenza acqua I sindaci: «È come essere in guerra»
Frane, sfollati e interi Comuni a secco. E a Colle Santa Lucia cucina per tutti allestita in municipio
BELLUNO La fine dell’emergenza è ancora lontana. La sensazione generale è che la provincia di Belluno stia attraversando un tunnel molto lungo e che l’uscita per ora non si veda. Da una parte l’allerta frane: alcuni terreni pregni d’acqua si stanno sbriciolando come castelli di sabbia sulla battigia. Dall’altra rimangono tante famiglie, quasi 10 mila, senza luce. Gli sfollati sono scesi a poco più di una ventina e non ci sono Comuni isolati. Ma a sentire i sindaci bellunesi la situazione rimane «pessima». Colle Santa Lucia, irraggiungibile fino a ieri, si è organizzato per conto proprio: le donne hanno allestito una grande cucina in municipio, mentre gli uomini sono scesi in strada a spalare il fango e a tagliare gli alberi caduti. È la montagna che si risveglia e combatte. «Siamo in ginocchio — avverte il presidente della Provincia, Roberto Padrin — ma non cadremo nemmeno questa volta. I danni sono senza precedenti. Alcune zone impiegheranno mesi per tornare come prima. Altre invece sono state modificate per sempre. Penso al Comelico e all’Agordino. Difficile fare una stima dei danni: sicuramente siamo sul mezzo miliardo di euro, ma è ancora presto».
In crisi
Rocca Pietore è uno dei Comuni più flagellati dal maltempo. Fino a ieri era isolato, senza luce, acqua e copertura telefonica. «È come se ci fosse stato un grande terremoto — spiega il sindaco Andrea De Bernardin — solo che in questo caso le abitazioni sono rimaste in piedi. Tutto il resto è andato distrutto. Oggi (ieri, ndr) gli elicotteri non sono arrivati perché il tempo è infame ma non è ciò di cui abbiamo bisogno. Servono soldi, e tanti, per riprenderci e rimetterci in piedi: ora siamo in ginocchio. Solo nei Serrai di Sottoguda il danno è di 4 milioni di euro. Se teniamo conto delle strutture private distrutte si arriva quasi a 50 milioni, solo qui da noi».
Allarme acqua
Il Bellunese vive un paradosso. Durante l’incendio divampato il 24 ottobre nella Valle di San Lucano, sopra Taibon Agordino, l’unico desiderio era che piovesse. La pioggia è arrivata ma a livelli mai visti prima, portando all’esondazione di fiumi e torrenti. Molte zone sono rimaste senz’acre, qua, tutte le altre non ne hanno potuto usufruire perché era non potabile. Ieri l’Usl 1 Dolomiti ha comunicato l’esito favorevole degli accertamenti analitici compiuti sulle acque provenienti dall’acquedotto che serve Belluno, La Valle Agordina, Sospirolo, Sedico, Limana, Trichiana, Mel, Lentiai, Quero-Vas. Nel resto della provincia è rimasto l’invito a non utilizzare, nemmeno a fini igienico-sanitari, l’acqua che esce torbida e in ogni caso a bollirla almeno cinque minuti se usata per scopi alimentari. Alcune autobotti hanno raggiunto i Comuni più isolati. È il caso di Rocca Pieto- dove, dichiara il sindaco De Bernardin, «l’acqua non esiste. L’acquedotto non è rotto, semplicemente non esiste più. Abbiamo una cisterna grande dove si va un po’ alla volta, ci si lava a pezzi, si prende quello che serve. È come se fossimo in guerra».
Le frane
Nel pomeriggio di ieri una frana ha invaso la strada regionale 203, che collega Cencenighe ad Agordo. I Comuni a nord dello smottamento, Rocca Pietore, Colle Santa Lucia e Selva di Cadore, sono rimasti isolati, ma solo per un paio d’ore. Poi la viabilità è ripresa normalmente I dati parlano chiaro: 2.000 le interruzioni stradali, 400 i chilometri di strada da sistemare e 40 mila gli ettari di bosco distrutti. «Purtroppo di frane ce ne sono ovunque — chiarisce Massimo Bortoluzzi, consigliere regionale con delega specifica – finché continua a piovere, il terreno rischia di cedere. Stiamo monitorando Cibiana, Zoppè di Caodre, l’Alpago, Perarolo, il Comelico e Cortina. Giovedì sera sono state evacuate due famiglie in Alpago, a causa di uno smottamento improvviso che ha interessato le loro abitazioni». Rimangono monitorate a vista e trami-
te gli strumenti specifici la frana del Tessina, a Chies D’Alpago, e quella della Busa del Cristo a Perarolo. «Abbiamo riattivato la stazione robotizzata che era in blackout — spiega Pierluigi Svaluto Ferro, sindaco di Perarolo — in questi giorni si è formato un nuovo fronte che ci preoccupa e che ha messo fuori uso gli estensimetri».
L’energia elettrica Rimangono 9.600 famiglie senza energia elettrica. Per quanto riguarda la bassa tensione, ossia le utenze domestiche, la società E-Distribuzione di Enel ha attivato 200 generatori in tutta la provincia. Si tratta di operazioni tampone, l’erogazione non è costante e possono esserci delle micro-interruzioni. Per la media e alta tensione occorre invece ripristinare i collegamenti aerei tra tralicci e cabine di trasformazione e distribuzione e ci vorrà ancora qualche giorno. Ieri pomeriggio, a San Tomaso Agordino, E-distribuzione ha fatto trasportare due gruppi elettrogeni a un elicottero Boeing CH-47 Chinook dell’Esercito italiano decollato da Belluno. Il tema dei tralicci a vista o interrati rimane scottante. «Stiamo pagando troppo il problema dell’energia elettrica. È un bene primario e va risolto. Dovremo trovare soluzioni serie, senza badare a spese, questo territorio ha già dato troppo» dice Padrin.
Le previsioni
Resta lo stato di preallarme e di attenzione per la pioggia fino ad oggi. In mattinata ci potranno essere parziali schiarite ma con nuvolosità ancora diffusa. Nel pomeriggio tornerà la pioggia. Nuovo peggioramento lunedì, con precipitazioni persistenti: attesi in media 10/30 millimetri sulle Dolomiti e 25/40 millimetri sulle Prealpi.