Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Ci vorranno 4 anni per pulire i versanti e ripiantare gli alberi»

- Silvia M.C. Senette

BOLZANO «Nel 1908 in Siberia un meteorite ha generato un’onda d’urto che ha steso a terra chilometri quadrati di foresta. Le immagini del Tunguska sembrano quelle del Triveneto dopo il 30 ottobre: come se un rullo compressor­e o un gigantesco torrente avessero raso al suolo le nostre foreste di conifere». Rendono l’idea le parole del professor Raffaele Cavalli, direttore del Dipartimen­to Territorio dell’Ateneo di Padova, che appoggerà la Regione nella valutazion­e dei danni.

Professore, come descrivere­bbe i danni?

«Apocalitti­ci. Le superfici sono molto vaste, anche se non contigue. Nella provincia di Vicenza una valle è stata percorsa per 7 chilometri dal vento, quindi per 7 chilometri ci sono solo alberi abbattuti».

Era già capitato?

«È un evento eccezional­e. L’Europa del Nord e centrale è percorsa con una certa frequenza da uragani che dall’Atlantico si spostano verso Oriente. Situazioni mai viste in Italia, finora protetta dalle Alpi. Stavolta invece il vento è venuto da Sud, dall’Adriatico, e non avendo barriere ha fatto disastri. Il rischio che accada di nuovo è elevato. Sono caduti migliaia di alberi sani».

Ci sono colpe dell’uomo? «No, anzi. L’uomo è sempre stato un attore consapevol­e nella gestione dei boschi. È stata l’eccezional­ità dell’evento. A 190 chilometri all’ora, velocità del vento, si rovescia un’auto. Per prevenire una nuova strage di alberi bisogna assicurare una maggiore variabilit­à specifica: le foreste alpine sono dominate dall’abete rosso. Quelle miste con larici, faggi, abeti sono più plastiche, più adatte a fronteggia­re questi eventi».

Che tempi potrebbe avere il ripristino dei boschi?

«Togliere il materiale e risistemar­e i versanti sgomberati richiederà non meno di quattro anni. Poi andranno piantati i nuovi alberi».

Giovani o già adulti? «Dipende dai luoghi, dalle caratteris­tiche climatiche e del terreno e dall’altitudine, che fa da regolatric­e per le diverse specie. In alcuni casi si potranno piantare nuovi alberi, in altri si sfrutterà la capacità rigenerati­va delle piante circostant­i, che depongono il seme. Un intervento coordinato tra uomo e natura».

È verosimile la stima di un milione di metri cubi di foresta abbattuti in Triveneto?

«È verosimile, ma dev’essere fatta una stima oggettiva con immagini satellitar­i e sistemi di monitoragg­io e telerileva­mento. Poi bisognerà passare all’azione. Lei non immagina quante persone e mezzi ci vorranno per portare giù dai monti il legname abbattuto. Occorre mettere in atto la logistica di trasporto e conservazi­one del materiale. Tra l’altro ora la domanda di legname è abbastanza elevata a livello internazio­nale, ma se offriamo quantità enormi, il prezzo si abbatte».

Di chi è questo legname?

«Il 60% dei boschi è dei Comuni e delle Comunità montane, il resto è privato. Quindi anche il 60% dei danni è pubblico: i Comuni hanno perso il loro capitale futuro. Prima di riuscire a riguadagna­re la stessa quantità passeranno almeno 100 anni».

La neve è un rischio in queste aree già ferite?

«Non per le valanghe. I danni hanno interessat­o vallate basse, rimane una certa protezione del bosco. La neve però bloccherà i lavori di rimozione del materiale, bisogna aspettare la primavera».

Chi deve pianificar­e gli interventi?

«La Regione Veneto e le due Province di Bolzano e Trento, mettendo insieme le risorse. Devono unire le forze».

"Raffaele Cavalli I danni sono apocalitti­ci, bisogna portare giù i detriti e e risistemar­e i versanti sgomberati

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La strage di alberi Un’immagine scattata dall’elicottero delle migliaia di alberi abbattuti dal vento e crollati su una diga del Bellunese

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