Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Progettava attentato a Roma: espulso
Tunisino, in cella a Vicenza. Esultò per la strage di Berlino: «Radicale pericoloso»
VICENZA Mauren Alayete, 30enne tunisino detenuto nel carcere di Vicenza, è stato espulso perché «radicalizzato e vicino all’estremismo islamico». Lo ha comunicato ieri il Viminale al termine di un’indagine condotta dalla Digos. L’uomo aveva «dato evidenti segni di radicalizzazione religiosa, esprimendo compiacimento per l’attentato al mercatino di Natale di Berlino nel 2016 e asserendo che avrebbe voluto compiere analoga azione a Roma».
VICENZA Rinchiuso nella sua cella, Mauren Alayete sognava il giorno in cui sarebbe tornato libero. Ancora pochi mesi e, a fine gennaio 2019, questo trentenne di origini tunisine avrebbe finalmente potuto lasciarsi alle spalle le sbarre del carcere di Vicenza. Ma il sospetto della nostra intelligence è che una volta libero sarebbe salito sul primo treno diretto a Roma con l’obbiettivo di realizzare un attentato terroristico. Magari mettendosi alla guida di un camion da lanciare sulla folla lungo le strade della capitale, come quello che il 19 dicembre di due anni fa uccise dodici persone al mercatino di natale di Breitscheidplatz, nel quartiere berlinese di Charlottenburg.
Per questo la Digos di Vicenza, in collaborazione con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, all’alba di giovedì ha prelevato Alayete dalla sua cella per trasferirlo prima all’ambasciata tunisina e poi sul primo aereo diretto nel suo Paese, dove è stato consegnato alle autorità locali: espulso perché clandestino ma anche (soprattutto) perché considerato un pericoloso fondamentalista islamico.
Il trentenne - che stava scontando una cumulo di pena per piccoli reati commessi in Italia - era stato trasferito nel carcere di Vicenza nei primi mesi del 2016. E fin da subito il suo modo atteggiamento aveva attirato l’attenzione degli investigatori perché - spiega con una nota il ministero dell’Interno «ha dato evidenti segni di radicalizzazione religiosa».
Di fatto, trascorreva le giornate mantenendosi il più possibile isolato dagli altri detenuti, pregando per molte ore. La «prova» del suo fanatismo è giunta agli investigatori del questore Giuseppe Petronzi nel dicembre del 2016, quando anche tra i carcerati si diffuse la notizia dell’attentato compiuto a Berlino da Anis Amri (pure lui tunisino) che si era lanciato con un Tir contro i turisti che affollavano il mercatino di Natale.
Stando a quanto ricostruito dalla Digos - e confermato ieri dal Viminale - Mauren Alayete avrebbe esultato per la strage appena compiuta dal suo connazionale. Poi avrebbe interrogato i suoi compagni di cella, chiedendo loro cosa ne pensassero dell’Isis e di quanto avvenuto in Germania.
Infine, la promessa: «Quando tornerò libero, anch’io farò un attentato a Roma».
Il controllo dell’antiterrorismo sul detenuto del carcere di Vicenza si è fatto più pressante. «Era pericoloso, stava dimostrando un’indole violenta», spiega un investigatore. Nell’estate del 2017 il tunisino avrebbe anche partecipato a un tentativo di rivolta scoppiato all’interno dell’istituto penitenziario, dando fuoco alla propria cella.
A luglio, il giudice del tribunale di Sorveglianza di Verona ha quindi disposto la sua espulsione dall’Italia. Ma a quel punto c’era il rischio concreto che a gennaio, una volta espiata la pena e lasciato il carcere, Alayete facesse perdere le proprie tracce prima che le autorità riuscissero a rimpatriarlo. Per questo motivo, all’alba di giovedì lo straniero è stato prelevato e, dopo l’incontro al consolato, caricato su un volo diretto in patria. Atterrato alle 17.30 all’aeroporto di Tunisi, i poliziotti italiani l’hanno consegnato nelle mani dei colleghi.
Con l’allontanamento del trentenne, salgono a 347 le espulsioni eseguite dal gennaio 2015 ad oggi, di cui 110 solo nel corso di quest’anno. Nel Vicentino, è il terzo provvedimento in pochi mesi.
A ottobre era toccato a un altro detenuto tunisino che, spiegava il Viminale, «aveva tentato di evadere per ben due volte e si era distinto per avere una spiccata capacità nell’influenzare gli altri detenuti sui quali esercitava il suo forte carisma».
Dopo l’attentato del settembre 2017 alla metropolitana di Londra, «era stato notato raccogliersi in preghiera in un orario per lui inusuale, tale da far ritenere il rito una sorta di compiacimento per l’attacco terroristico».
A luglio, invece, era stato espulso un operaio di Arzignano, originario del Kosovo, accusato di aver fatto propaganda a favore dell’Isis attraverso Facebook.