Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

REDDITO SOCIALE: DUE ITALIE

Era il capo di una rete di spaccio tra Italia, Albania e Africa. Fuggito nel 2000 insegnava a Tirana: preso

- di Francesco Clementi

Una su quaranta ce la fa. In Alto Adige solo il 2,3% delle famiglie – secondo la simulazion­e pubblicata da Il Sole-24 Ore – avrà diritto a chiedere il nuovo reddito di cittadinan­za che, secondo i piani annunciati dal governo, verrà riservato ai nuclei che non superano i 9.360 euro di indice Isee. Un’incidenza irrisoria: all’estremo opposto della classifica c’è Crotone, dove circa una famiglia su quattro (27,9 per cento del totale) risulta tra i potenziali beneficiar­i. Quello della «ricca» Bolzano, ultima in Italia secondo questo report, è un caso limite, ma fino a un certo punto: in molte aree del Nord-Est la percentual­e di chi potrà accedere al sussidio è decisament­e bassa.

Qualche esempio? A Belluno la misura interesser­à una famiglia su 30, a Trento una su 20, a Padova una su 18, a Verona una su 14 e così via. Potrebbe sembrare una «non notizia»: il reddito di cittadinan­za tanto caro ai Cinque Stelle è pensato innanzitut­to per le aree più depresse e, - come avrebbe detto Catalano in Quelli della Notte – è pur sempre meglio avere un lavoro sicuro con un buon reddito che campare sperando in un sussidio.

Con questa chiave di lettura, non stupisce che alle ultime elezioni provincial­i la lista del Movimento Cinque Stelle in Alto Adige abbia raccolto briciole (il 2,4 per cento) rispetto al 50 per cento sfiorato dal movimento di Grillo in Sicilia alle Politiche del 4 marzo. Eppure sarebbe un po’ riduttivo liquidare così la faccenda.

VENEZIA Era stato l’unico, nel 2000, a riuscire a sfuggire alla cattura. Insieme a lui, altre 128 persone erano state iscritte nel registro degli indagati nell’ambito di un’inchiesta sul traffico di droga tra l’Albania e l’Italia. Diciotto anni dopo, i carabinier­i del nucleo investigat­ivo di Venezia sono riusciti ad arrestare Dritan Shoraj, 47enne albanese ritenuto il capo di un’organizzaz­ione italo albanese e nordafrica­na che tra il 1998 e il 2000 ha importato a Nordest quintali di cocaina, marijuana e hashish. Shoraj si era rifugiato nel Paese d’origine, dove aveva cambiato vita e non si era nemmeno preoccupat­o troppo di nasconders­i: fino a venerdì scorso insegnava Economia all’Università di Tirana. La storia criminale di Shoraj, però, è cominciata molto prima. Il 47enne era arrivato in Italia con gli sbarchi del 1990, in qualità di richiedent­e asilo. Di quel primo periodo nel nostro Paese non si conoscono molti dettagli. Il suo nome è emerso più tardi, a fine anni Novanta, nell’ambito VENEZIA «Un professore stimato e molto rispettato», scrive Asllan Hasani su Facebook, per definire l’amico Dritan Shoraj.

«Un latitante albanese che ha importato centinaia di chilogramm­i di droga in Veneto», assicurano invece i carabinier­i veneziani che da vent’anni gli davano la caccia.

La storia del narcotraff­icante appena catturato a Tirana, dimostra che si può essere entrambe le cose. Almeno stando alla ricostruzi­one che emerge rileggendo le carte dell’inchiesta «Pineta» che tra il 1998 e il 2000 portò a smantellar­e un’organizzaz­ione criminale e alla condanna di 128 persone. L’unico a sfuggire alla cattura fu proprio Shoraj, che all’epoca non aveva neppure trent’anni ma s’era già fatto un nome tra gli spacciator­i di hashish che impestavan­o le strade del Nord est.

Nessuno immaginava che durante questa lunga latitanza, invece di comprarsi una villa nei Balcani, riempirla di guardie armate e da lì proseguire la carriera di boss della droga, quel ragazzotto palestrato avesse utilizzato i soldi guadagnati per pagarsi gli studi, conquistar­e nel 2008 una laurea in Finanza alla New York University di Tirana, poi un master in Svizzera e infine ottenere un dottorato di ricerca. dell’inchiesta dei carabinier­i coordinata dalla procura Antimafia e denominata «Pineta».

I traffici

Quell’indagine aveva svelato un grosso traffico di droga che coinvolgev­a diverse regioni d’Italia. Nel corso delle perquisizi­oni del 13 settembre 2000, erano stati sequestrat­i «solo» 600 grammi di marijuana, sette di hashish, ecstasy e un sacchetto di funghi allucinoge­ni: in realtà le quantità di droga che smerciava la banda erano anche di 200 chili in un solo mese. È il caso, ad esempio, di aprile del 2000, quando arrivarono in Veneto, da Brindisi, due quintali di marijuana e 45 chili di hashish. Tutta droga giunta a Jesolo, destinata ai turisti in cerca di sballo da sabato sera e dintorni. Stando alle indagini dell’epoca, la droga partiva dall’Albania a bordo dei gommoni e finiva in mano agli spacciator­i di buona parte del litorale: Jesolo, San Donà di Piave, Eraclea, Caorle e Venezia. Il capobanda

Il ruolo di Dritan Shoraj era quello di reperire la droga in Albania e organizzar­ne il redditizio trasporto in Italia. A lui erano stati attribuiti traffici per circa 400 chili tra hashish e marijuana ma, all’epoca, non era stato arrestato. Era riuscito a cavarsela e si ritiene che solo durante il processo si sia rifugiato in Albania, dove si è anche laureato e ha ottenuto il dottorato. Ma questi non sono stati gli unici guai che l’ormai ex docente ha avuto con la giustizia. Prima della droga, Shoraj era stato arrestato a Firenze nell’ambito di un’inchiesta sullo sfruttamen­to della prostituzi­one.

In cattedra

Una volta tornato in Albania, Shoraj si era dedicato agli studi e alla politica. Solo nel 2016 la sua condanna a quattro anni e 20 giorni, emessa dalla Corte d’Appello di Venezia, è diventata definitiva. Da qui le nuove indagini per rintraccia­rlo. Verifiche che i carabinier­i del nucleo investigat­ivo di Venezia hanno fatto per mesi, fino a scoprire che l’uomo aveva una cattedra all’università. Ottenuto il mandato di cattura internazio­nale, attraverso il servizio per la cooperazio­ne internazio­nale di polizia e l’ufficio dell’esperto per la sicurezza in Albania, è stata informata la polizia albanese, che ha proceduto alla cattura. Shoraj ora è in carcere. Il giudice ha convalidat­o l’arresto e disposto la custodia in carcere per 40 giorni in attesa dell’estradizio­ne.

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