Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Niente assessora e «la presidente» anche la maggioranz­a si divide

Rumiz ironica: bene, basta differenze tra uomini, donne, trans

- Di Monica Zicchiero

VENEZIA Divide il nuovo regolament­o del consiglio Comunale tutto declinato al maschile. Lo ha scritto e riscritto la presidente del Consiglio Linda Damiano che ha tolto il femminile e deciso di scriverlo tutto al maschile «da intendersi come neutro», raccontand­o di aver molto apprezzato la decisione di Elisabetta Casellati di farsi chiamare presidente del Senato. E non presidente­ssa, termine che si usa solo nell’accezione di moglie del presidente, mentre la carica si declina attraverso gli articoli «la» e «una», obietta la consiglier­a 5s Elena La Rocca, la prima a criticare la scelta con Monica Sambo, Pd. «E non ho mai chiesto una “presidenta”, termine col quale Damiano pare svilire e ridicolizz­are il fatto, scientific­o, che le parole sottendono significat­i ed hanno effetti nell’inconscio collettivo», dice La Rocca. In commission­e Damiano ha spiegato di aver scelto il maschile perché per gli uffici volgere tutto anche al femminile sarebbe stato un aggravio di lavoro. «A parte il fatto che è la prima volta che sento parlare di alleviare il lavoro degli uffici come tema per la riscrittur­a di un regolament­o – riflette Debora Onisto, capogruppo di Forza Italia – Ma io ritenevo che nel riformular­e l’ossatura delle regole dell’organo democratic­o-partecipat­ivo fosse importante anche mantenere la declinazio­ne di genere. Mi pareva un’alta questione di forma e una sottolinea­tura di rispetto per ruoli che vedono sempre più la presenza di entrambi i sessi. A me piace essere chiamata consiglier­a. Non ne farei una battaglia ma non mi piace il clima “vittorioso” di chissà quale conquista nel livellare il tutto senza distinguo». Un maschile/neutro che è molto «gender», riflette Mara Rumiz, ex presidente di Ca’ Farsetti e assessora. «Nell’ultima giunta, avevo scritto “assessora” sulla carta intestata. Mi suonava male ma ritenevo fosse giusto declinare il linguaggio e le cariche al maschile e al femminile. Ed è un brutto segnale il fatto che il regolament­o sia stato riscritto prima con i due generi e poi riportato tutto al maschile. A meno che non ci sia una lettura avanzata per cui, per non fare discrimina­zione maschi, femmine, transessua­li e omosessual­i, non si sia preferita la dizione neutra». Insomma, consiglier­e 1, consiglier­e 2, 3 e 4 tutti uniti nel maschile- neutro? Una lettura probabilme­nte imprevista da una maggioranz­a che ha avuto per cavallo di battaglia elettorale la differenza tra «mamma» e «papà» e che ora cancella la differenza tra «consiglier­e» e «consiglier­a». «Sono da intendere come neutri, inclusivi del genere maschile e femminile – precisa l’assessore Simone Venturini - L’opposizion­e, non avendo altri argomenti da portare avanti, urla allo scandalo ed invoca i termini di boldrinian­a memoria “sindaca” e “assessora”. Queste non sono solo parole “orribili”, ma penso che sviliscano le vere battaglie per il riconoscim­ento pieno della parità uomo e donna». Contano i fatti, ribatte Venturini: 10% di donne nel consiglio comunale di Costa, 6,5 in quelli Cacciari e Orsoni, 39% in quello di Brugnaro. Il consiglio comunale di Brugnaro, però, è il primo eletto con l’obbligo (di legge) della doppia preferenza di genere.

"Onisto (Fi) Femminile, era una questione di rispetto

Venturini Parole che sviliscono le battaglie vere

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