Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Antenne, boom di richieste per il 5G

Riparte la «guerra» tra gestori e Comune di Venezia: 34 istanze, metà bocciate

- Zicchiero

VENEZIA Agli uffici comunali ne sono state presentate 34 dall’inizio dell’anno, ma solo 16 sono state approvate. Con il 5G i gestori telefonici stanno bombardand­o il Comune di Venezia di richieste di riconfigur­azione degli impianti, a cui si aggiungono quelle di «ingresso» di Iliad, il nuovo operatore francese. La «guerra» delle antenne è ripartite e sono ricomincia­ti anche i ricorsi al Tar sui dinieghi di Ca’ Farsetti, che le vieta nei siti sensibili come parchi e scuole.

VENEZIA Boom di richieste per la telefonia mobile e riparte anche la «guerra delle antenne». Dall’inizio dell’anno nel Comune di Venezia ne sono state autorizzat­e sedici, mentre diciotto sono state negate. Le ultime tre hanno avuto il via libera un paio di giorni fa e le installerà il nuovo gestore francese Iliad presso la stazione ferroviari­a di Mestre, in piazza Municipio a Marghera angolo via Canal e alla confluenza tra via Torre Belfredo e viale Garibaldi. Nel frattempo, Vodafone, Tim, Wind/Tre e la stessa Iliad stanno procedendo a riconfigur­are le antenne esistenti, potenziand­o e modificand­o gli impianti.

Il futuro delle stazioni radiobase si chiama 5G, che promette di far marciare le auto, guidate da remoto e senza conducente: la prima prova è stata fatta a Torino il mese scorso. Gli uffici hanno dato nelle ultime ore il via libera alla riconfigur­azione delle antenne di via delle Messi, via Altinia, quella sul palazzo Querini Stampalia a Santa Maria Formosa e le stazioni sulle chiese delle Zitelle alla Giudecca, di San Martino a Burano e di Sant’Antonin a Castello, sul campanile di San Donato a Murano e alla stazione di Santa Lucia. Da un punto di vista delle emissioni elettromag­netiche – oggi il limite raccomanda­to in Italia è 6 volt per metro – la nuova tecnologia 5G mette in crisi anche i sistemi di misurazion­e, perché gli impianti non funzionano ad un livello standard e costante di potenza ma si adattano alle richieste della rete e al dialogo con gli altri impianti. In definitiva, fotografar­e il livello di emissione medio sarà un’impresa e questo è un problema, perché il Comune autorizza i nuovi impianti solo con l’assenso (o meglio il silenzio-assenso) dell’Enac e dell’Arpav. Inoltre, ci sono pressioni a livello europeo perché l’Italia cambi le sue norme, le più restrittiv­e di tutte e poco favorevoli al 5G.

L’argomento antenne è sul tavolo di dirigenti e assessori ed è l’occasione per riformular­e un piano sempre annunciato e puntualmen­te rinviato. La norma comunale in materia è l’articolo 50 del Regolament­o edilizio, che vieta l’installazi­one nei pressi di parchi, scuole, ospedali, aree gioco, impianti sportivi – i cosiddetti «siti sensibili» – e impone

Aree sensibili Il regolament­o vieta installazi­oni in parchi e scuole

distanze di 50 metri superiori rispetto alla legge regionale. Al Tar è ripartita la stagione dei ricorsi, con risultati che a volte danno ragione ai gestori, altre volte a Ca’ Farsetti su questi limiti ritenuti dai privati troppo restrittiv­i.

La scorsa settimana, per esempio, il Tar ha bocciato proprio il primo ricorso presentato da Iliad, che voleva mettere una propria antenna nel sito già presente in via Parri a Malamocco. Il Comune aveva detto «no», spiegando che quella è un’area destinata dalla variante al Piano regolatore a ospitare «parchi pubblici urbani e territoria­li». I giudici, che avevano già deciso così in analoghi ricorsi dell’anno scorso presentati da altri operatori, hanno confermato che il regolament­o comunale è legittimo e che può riguardare anche le destinazio­ni urbanistic­he future. Di recente, inoltre, il Comune aveva incassato un altro successo al Consiglio di Stato, che aveva addirittur­a ribaltato – in fase di sospensiva – la sentenza con cui il Tar aveva accolto il ricorso di Tim contro il diniego di installare un’antenna sopra l’hotel Russot. Secondo i giudici veneziani infatti l’hotel non si poteva definire sito sensibile, ma quelli romani hanno accolto invece la tesi del Comune che faccia parte del Parco di San Giuliano, essendo in un’area a «verde urbano attrezzato».

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