Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Strade fatte con i rifiuti, controlli sulle falde acquifere
La Procura sta ricostruendo i lavori i cui materiali sono stati forniti dalla Cosmo di Noale
VENEZIA Sulle opere già realizzate, intervenire è impossibile. Anche perché si tratta per lo più di sottofondi stradali e altri interventi nell’ambito dell’edilizia. Ma verificare se le falde vicine a queste opere risultano inquinate, quello si può fare. Ed è proprio questo che ha in mente la procura di Venezia che, a pochi giorni dal sequestro di 280mila tonnellate di rifiuti contaminati alla Cosmo di Noale, potrebbe avviare una serie di verifiche per comprendere in primis se l’azienda abbia utilizzato materiali inquinati per realizzare opere «al risparmio», ma anche se questi prodotti possano aver danneggiato l’ambiente. La società, leader nel suo settore, riceveva rifiuti provenienti per lo più da bonifiche delle aziende del Veneto e da regioni limitrofe. Questi scarti, come hanno ricostruito le indagini dei cara- binieri forestali di Venezia e Mestre e del nucleo investigativo, contenevano metalli pesanti. Piombo, ad esempio, oppure rame, nichel, selenio e in qualche caso tracce di amianto, che è considerato cancerogeno. I materiali contaminati venivano miscelati con altri rifiuti al fine di diluire gli inquinanti. In ultimo, venivano aggiunti leganti, cemento, calce o altri aggregati. Il prodotto finale veniva venduto come materia prima e utilizzato per realizzare sottofondi stradali, creando un pericolo sia per la sicurezza che dal punto di vista ambientale. L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia, ha portato gli investigatori a convincersi che parte dei prodotti contaminati siano finiti sotto strade e autostrade.
Non è chiaro, però, quali. Per comprenderlo, i carabinieri stanno analizzando la documentazione sequestrata per risalire alle ditte che hanno conferito i rifiuti alla Cosmo ma, soprattutto, per comprendere come siano stati utilizzati i prodotti trattati. L’azienda aveva stoccato i rifiuti in due sedi: nella cava Campagnole di Paese e in un’area a Noale.
Gli investigatori stanno anche cercando di chiarire se dietro a queste operazioni svolte dall’azienda possa esserci il dolo o se la società fosse autorizzata almeno in parte. Al momento risultano indagati i titolari e il responsabile tecnico che, quando è partita l’inchiesta, ricopriva quel ruolo.
Il nome della Cosmo, infatti, era emerso alcuni anni fa nell’indagine sull’ex dirigente Veritas Claudio Ghezzo, accusato di aver favorito alcune aziende dietro al pagamento di tangenti. Ghezzo l’anno scorso ha patteggiato due anni e otto mesi di reclusione ma la posizione della Cosmo era già stata stralciata, in quanto le contestazioni riguardavano solamente reati ambientali. Da qui erano partite le verifiche della procura, fino al sequestro dei giorni scorsi.