Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Spazi da metropoli Nuova dimensione per tutta la città»
VENEZIA «Quegli spazi sono da metropoli, non da una città di 200 mila abitanti. Questa è la percezione che bisogna avere guardando M9, è chiaro a tutti coloro che frequentano le capitali e le grandi città. E’ un’altra dimensione, a cui ci dobbiamo abituare e che va assolutamente sfruttata». Tutto è partito dieci anni fa con Massimo Cacciari: era il 2009 quando il Comune sottoscrisse l’accordo di programma con la Fondazione di Venezia. «E lo ricordo benissimo — spiega l’ex sindaco — Come amministrazione rinunciammo per cinque anni ai dividendi della Cassa di Risparmio di Venezia perché credevamo un questa idea di Museo del Novecento, come elemento di rilancio urbanistico, economico, culturale e sociale della terraferma. La mia ultima giunta ha lavorato tantissimo per Mestre».
A Massimo D’azeglio è stata attribuita la citazione «Abbiamo fatto l’Italia adesso bisogna fare gli italiani», parlando di M9 potremmo dire che è stato fatto il museo, cosa bisogna fare adesso?
«La cosa più difficile: utilizzare gli spazi, quelli attorno all’edificio, ma anche quelli interni garantendo un'esposizione non solo permanente ma anche temporanea di qualità. Guardate al Mudec di Milano, il museo delle culture che può contare su spazi minori ma che ha puntato su una forte offerta culturale relativa alle esposizioni temporanee: Banksy prima, Paul Klee oggi, ma il programma futuro continua ad essere ricco».
Professore prima citava gli ampi spazi da metropoli, ma il bacino non è lo stesso.
«E chi lo dice? Ci sono i turisti, quelli che vengono a visitare a Venezia che oltre a piazza san Marco nel loro itinerario possono inserire anche M9, soprattutto se soggiornano a Mestre. Con l’offerta di stanze sempre maggiore diventa fondamentale catturare i visitatori promuovendo il museo esperienziale».
E’ una bella sfida.
«Certo, ma ce la si può fare, altrimenti non avremmo sposato l’idea. L’esposizione dell’M9 è già nel futuro, fa vivere un’esperienza, la visita passiva diventa attiva, è il museo dell’immateriale. Non si può mostrare solo la storia di Mestre e Marghera come proponeva qualcuno ai miei tempi. Bisogna pensare in grande anche sulla qualità architettonica».
A cosa sta pensando?
«Al lavoro fatto all’M9, ma anche al ponte di Calatrava, alla punta della Dogana di Tadao Ando: qui devono lavorare i migliori». ( f. b.)
La sfida è renderlo internazionale. Ci sono milioni di turisti, devono scegliere M9