Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

«Nelle scuole oggi parlo di eroina gialla perché muoiono gli adolescent­i»

Don Ciotti davanti a 700 ragazzi. Brugnaro: genitori ignari

- Di Giulia Busetto

MESTRE «Quando ho cominciato ad occuparmi di tossicodip­endenza l’eroina non c’era. Ora sono i vostri coetanei che mi chiedono di parlarne a scuola, perché di eroina gialla sono morti i loro compagni di classe». Don Luigi Ciotti lo dice ai settecento studenti che ieri mattina hanno occupato tutte le poltrone del Toniolo. Mestrini, veneziani, sandonates­i, vicentini, veronesi, bellunesi, trevigiani, padovani, rodigini. Ma anche studenti montanari del Cadore, l’area martoriata dal maltempo che ha dato i natali anche al prete antimafia («Siate orgogliosi di essere di questa terra»). Chi meglio di lui poteva, su invito della Fondazione Marcianum, parlare loro di legalità. Di una mafia che oggi «ha cambiato metodo», diminuendo i conflitti armati, «agendo in una zona grigia», ma che è ancora a capo dei traffici di droga, «la cui produzione è aumentata ancora e ancora di più» avvisa il sacerdote fondatore di Libera. «E a morire di eroina gialla, adesso, sono gli adolescent­i come voi». Nel gruppo che ha fondato, Abele, ne vede molti. «L’altro giorno abbiamo portato a casa dei ragazzi che cercavano droga, i genitori non ne sapevano niente» è intervenut­o in merito anche il sindaco Luigi Brugnaro rivolgendo­si ai ragazzi.

Don Ciotti li ha messi in guardia da chi ancora dice che qui in Veneto le mafie non mettono piede. «Don Luigi Sturzo — cita un altro prete antimafia — diceva un secolo fa che la mafia è in Sicilia, ma ha la testa a Roma e risalirà oltre le Alpi. Aveva ragione». E non solo. Oggi, avverte con le parole di Borsellino: «Le mafie sono più forti di prima». Lui di quelle mafie che lo vogliono morto ne gestisce i beni confiscati, assieme ai ragazzi di Libera: terreni, palazzi, stabili, aziende, ville. Le apre alla collettivi­tà e ai bisognosi. «Per la legge sull’uso sociale di questi beni abbiamo raccolto, quella volta, un milione di firme. Ora un decreto legge vorrebbe introdurre anche la possibilit­à di metterli all’asta. Invece — è critico — queste risorse non devono andare ai privati, ci deve essere un riutilizzo collettivo di questi posti».

I tesori di Cosa Nostra, camorra e ‘Ndrangheta che passano per le mani di don Luigi Ciotti sono costati al presbitero le minacce di morte di Totò Riina e sventati attentati alla sua vita. «Si può uccidere una persona ma non un movimento di migliaia di persone. Io sono piccolo — dice lui —. Diffidate dai navigatori solitari. Le mafie si combattono insieme». Ne sarà simbolo una veglia di preghiera a Venezia, accordata con il patriarca Francesco Moraglia: «Vedrete un mondo di persone con un carico di speranza» l’ha descritta Ciotti, con data ancora da destinarsi (di sicuro a poca distanza dalla giornata in ricordo delle vittime delle mafie, il 21 marzo). «Ci sarà anche Zaia» ha annunciato il sacerdote attivista. E se prima di lasciarlo andare il patriarca dissuade i ragazzi dall’indifferen­za («Perché molti campano sulla nostra indifferen­za: iniziate stando vicini ai deboli»), il «parroco» della legalità li mette in guardia da «diffidenza, neutralità, rassegnazi­one e indignazio­ne sterile». «Una società che respinge gli altri, che chiude gli accessi e che non si rende conto della povertà, allontana la fragilità perché non vuole riconoscer­e la propria», dice.

Detto fatto, Ciotti nel pomeriggio visita la Cita: «Qui non ci si ferma alla rassegnazi­one e neanche all’indignazio­ne, con sana testardagg­ine ci si impegna con gli ultimi» ha detto al parroco don Nandino Capovilla. Simbolo della lotta alle ecomafie, prima di andarsene don Ciotti non poteva rifiutare l’invito dell’assessore Venturini di visitare l’impianto eco ricicli Veritas di Malcontent­a assieme ai vertici dell’azienda e al presidente della Municipali­tà di Marghera Gianfranco Bettin.

"Il patriarca Francesco Moraglia Molti campano sulla nostra indifferen­za, iniziate stando vicino ai più deboli

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