Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
De Zitter, a Bassano le fotografie sull’Africa profonda
A Bassano apre «The Himba Collection» con le fotografie di Harry De Zitter. Protagonista degli scatti la tribù della Namibia
Una storia che affonda le radici nei primi anni Settanta, quando un aspirante fotografo belga, cresciuto a Port Elizabeth, in Sudafrica, incontra i creatori delle raffinate attrezzature fotografiche prodotte in una (allora) piccola azienda di Bassano del Grappa. Un’azienda che era nata in un garage per mano del fotoreporter Lino Manfrotto. Ne nacque un rapporto di amicizia e di fiducia, un sodalizio che ha segnato la crescita professionale del fotografo in parallelo a quella dell’azienda. Harry De Zitter torna domani a Bassano, alla Libreria Palazzo Roberti, per l’inaugurazione della mostra «The Himba Collection»: una ventina di immagini in bianco e nero che il fotografo ha scattato nel 1997 vivendo in mezzo agli Himba, nel nord della Namibia, quando ancora questa tribù, scampata alla colonizzazione tedesca, rispettava modi tradizionali, incontaminati rispetto alle abitudini occidentali. Immagini che non sono ancora mai state viste in Italia, in esposizione fino al 6 gennaio e che costituiscono un lascito da parte di De Zitter alla famiglia Manfrotto. Una mostra e una donazione che testimoniano il legame che il fotografo ha costruito con l’Italia e con Bassano. «Torno spesso in Italia – spiega De Zitter – da quando nel 1972 ho conosciuto Lino Manfrotto. Un vero signore, una persona molto empatica. Una conoscenza avvenuta per caso, quando ho voluto ringraziarlo personalmente del pezzo che avevo ordinato e ricevuto per la mia attrezzatura. Da allora, sono sempre rimasto in contatto con la famiglia, posso dire che sono cresciuto come fotografo proprio insieme a loro, tutta la mia vita professionale si è svolta nel legame con questa azienda».
Com’è nata la «Himba collection»?
«È il frutto di una ricerca della fine degli anni Novanta: mi sono trovato in Namibia, in mezzo al nulla, per documentare la vita di questa tribù seminomade, che viveva perlopiù di pastorizia, fermamente legata alle proprie tradizioni, incontaminata. Solo grazie alla qualità delle attrezzature fornite da Manfrotto e da Alu, l’altra azienda di famiglia, ho potuto trovare in questa difficile situazione una qualità pari a quella che si può ottenere in studio».
Le foto documentano un modo di vita che oggi continua o gli Himba sono ormai cambiati?
«I tempi sono diversi, e anche se qualcuno di loro resta fedelmente attaccato alle antiche tradizioni, i giovani hanno iniziato ad andare a scuola e lo stile di vita del passato di sta perdendo a favore di modi più occidentalizzati. Gli Himba rimangono comunque un popolo molto semplice, puro nel profondo. Nel ’97 non conoscevano ancora l’uso del denaro e vivevano di scambi, come documenta anche il “backstage” della mostra».
Ha scelto il bianco e nero per questa serie di foto...
«Il bianco e nero è senza tempo, per questo ho pensato che fosse la scelta più appropriata per questo lavoro che descrive uno stile di vita che è, appunto, senza tem- po».
La sua fotografia sembra più interessata al dettaglio che alla visione d’insieme…
«Dipende, non è sempre così, il mio mondo e la mia sfera di interessi sono molto vari».
Lei ha fatto carriera nel mondo della pubblicità: che cosa le ha dato questa esperienza?
«Il mondo della pubblicità mi ha dato la possibilità di lavorare in tutto il mondo e di essere conosciuto, è stata una grande opportunità e un privilegio».
Che cosa le piace di più dell’Italia?
«La passione, per il cibo, per gli abiti, per gli oggetti… per tutto! Gli italiani hanno inventato la passione, sarà su questo che farò il mio prossimo lavoro».