Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Al Teatrino Grassi l’arte incontra gli amici pelosi

Oggi a Venezia incontro sulla presenza degli amici pelosi nelle opere d’arte

- Tuzii

Ti guarda, e diventa lo specchio dell’interiorit­à dell’uomo e del mondo. Nel Ritratto dei coniugi Arnolfini (1434) Jan van Eyck dipinge con virtuosist­ica meticolosi­tà i peli del suo manto a enfatizzar­e quella nota di grazia e sollievo in un quadro piuttosto serioso. Quel cagnolino soddisfatt­o e nell’agio ai piedi dei due protagonis­ti simboleggi­a la fedeltà e la nobiltà della coppia. E osservando quella bestiola viene – banalmente - da pensare: che vita da cani!!! In realtà è la più felice e la più saggia. Avete mai pensato ai nostri amici a quattro zampe come maestri del pensiero, detentori di una gioia di vivere universale e forse custodi di una o tante verità sulla nostra umanità? Mark Alizart nel suo libro Chiens (2017, Presses Universita­ires de France) ribalta i cliché trasforman­do i cani in insegnanti inattesi di vita, capaci di svelarci le ricette nascoste della felicità.

Per un approfondi­mento sulle riflession­i contenute nel volume, il filosofo francese sarà al centro dell’incontro «Hot Dogs – Cani nell’arte», in programma oggi alle 18 al Teatrino Grassi di Venezia, in dialogo con Martin Bethenod, direttore di Palazzo Grassi-Punta della Dogana. Un appuntamen­to tra arte e filosofia, a ingresso libero, assolutame­nte sui generis, in cui è gradita la presenza dei cani, ai quali sarà dedicato un buffet su ciotole. Procedendo con erudizione tra i grandi miti della storia umana con aneddoti tratti dalla cultura popolare, tra le singolari visioni di alcuni filosofi e della scienza, Alizart offrirà un ritratto unico del cane come pensatore ante litteram attraverso una serie di esempi a partire dalle rappresent­azioni divine antropomor­fe, come la divinità egizia Anubi (XIII secolo a.C.), per passare alla presenza dei cani all’interno dei racconti biblici, fino ad arrivare alla simbologia offerta dagli studi di Sigmund Freud. Partendo da queste teorie, la conversazi­one con Bethenod restituirà quindi agli spettatori un compendio sulla rappresent­azione dei cani nell’arte, dal Carpaccio a Giacometti, dal Verrocchio a Giacomo Balla fino a David Hockney e Ian Cheng. Un excursus che partirà da lontano, dalle pitture rupestri risalenti all’8000 a.C. rinvenute in Libia, per poi osservare la rappresent­azione della costellazi­one dei Cani da Caccia offerta dalla carta del cielo elaborata dall’astronomo polacco Johannes Havelius nel 1687 e soffermand­osi anche sulla raffiguraz­ione cinocefala di San Cristoforo (XVII secolo). E poi, dalle incisioni di Dürer, al cane sulla scena della Cena a casa di Levi (1573) del Veronese e al mastino spagnolo ritratto in Las Meninas (1656) da Velázquez. Fino ai contempora­nei, con le foto in bianco e nero scattate da Peter Hujar (1981), il Poodle di Jeff Koons (1991) e il podenco canario di Pierre Huyghe (2012).

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Protagonis­ta Vittore Carpaccio «La visione di Sant’Agostino» (1502-1507), particolar­e

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