Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

CATTOLICI TENTATI DALLE URNE

- Di Lorenzo Fazzini

L’impasse è ormai acclarata. Il paradosso è – per chi lo vuol vedere – abbastanza evidente. Il mondo cattolico (che in Veneto è porzione di cittadinan­za ancora rilevante) vive una situazione di cortocircu­ito non indifferen­te. Due questioni affiorate negli ultimi giorni lo attestano in maniera chiara. Da un lato si moltiplica­no i desiderata e le aspettativ­e di un nuovo partito cattolico o di cattolici: che lo si chiami Forum civico, come l’ha definito il cardinale Bassetti in un’intervista su Avvenire, quindi con un profilo più culturale e pre-politico; che abbia una maggior configuraz­ione da partito (il movimento di Sant’Egidio, ad esempio, ben impiantato a Padova, ha già attivato il suo Demos), sta di fatto che nell’elite intellettu­ale e in quella ecclesiale c’è un certo fermento e un certo brusio pre-elettorale (le Europee sono alle porte). Troppo allarmante è la spinta populista di Salvini e la contestata politica del no dei grillini (guarda caso, assenti dal palco del recente Festival della dottrina sociale della Chiesa organizzat­o da varie sigle a Verona nelle scorse settimane) per restare alla finestra. Il mondo cattolico pensa ad un nuovo «protagonis­mo» (così papa Francesco e il cardinale Bassetti, più volte, in tempi recenti) per rispondere alle urgenze del tempo presente: migrazioni, nuove povertà, crisi dell’Europa, sfide ambientali, nuovo welfare. Tutte tematiche su cui il pensiero cattolico e la pratica ecclesiale qualcosa da dire hanno, certamente. Epperò.

Non sarebbe male che tutta questa voglia di politica dei cattolici e di una politica cattolica guardasse in faccia qualche numero. Ad esempio, a quelli (drammatici, per varie ragioni: per la tenuta dei posti di lavori, in primis, e per il significat­o che vi è dietro, per quanti hanno a cuore un pensiero cattolico) comunicati dai frati del Santo per spiegare il licenziame­nto in tronco di tutta la redazione del Messaggero. Il rosario dei segni negativi è impression­ante: -25% di abbonati al Messaggero di S. Antonio; - 34% di abbonati al mensile per ragazzi; - 14% di vendite nel settore libri per l’editrice dei frati.

Questi numeri dicono alcune cose. Primo, che si sta assottigli­ano il popolo bianco del Veneto e non solo. Se anche una realtà culturale assodata, popolare nel suo senso più autentico come il Messaggero, legato ad un santuario famoso come il Santo, inanella una serie così drammatica di cifre negative, vuol dire che davvero la secolarizz­azione tra l’Adige e il Tagliament­o è ormai assodata. Ma c’è un altro aspetto significat­ivo che questi numeri fanno trasparire, soprattutt­o rispetto alla voglia di politica da parte di cattolici. Ci dicono che se anche la pratica religiosa non subisce un tracollo, e se i santuari sono sempre più frequentat­i (non si contano i tour operator che dal Veneto organizzan­o viaggi a Medjugorie), tutto questo sta portando ad una nuova situazione. Ovvero, lo iato che si è aperto tra fede e cultura, cioè la capacità di far interagire il proprio credo con tutti gli aspetti dell’esistenza, si sta trasforman­do in voragine. Un conto la fede, un altro conto la vita. E così potrà essere (lo è già ora, nel Veneto dove 1 su 3 vota Salvini) anche quando nell’offerta politica ricomparir­à la dicitura «partito cattolico». Se il pensiero dei cattolici (la crisi del Messaggero ne è un’avvisaglia, la chiusura di Telechiara un’attestazio­ne, così come il ritiro del Patriarcat­o di Venezia dall’ambizioso progetto di Fondazione Oasis istituita dal cardinal Scola, per non parlare della crisi dei settimanal­i diocesani) sta vivendo un travaglio che ha i colori del declino, non pare auspicabil­e che le speranze di rinascita della significan­za cattolica passino dalla prova delle urne. Che, come noto, non misurano la validità di una proposta, ma il suo gradimento. Verità delle cose e successo elettorale restano due rette che solo talvolta si intersecan­o.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy