Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Eletto Garofalo: «Cassamarca si salva da sola»

Garofalo eletto alla presidenza della Fondazione. Spiragli dalla possibilit­à di rinegoziar­e il debito con Unicredit

- Favero

Il primo messaggio lanciato da Luigi Garofalo, appena eletto nuovo presidente di Fondazione Cassamarca, è si resistenza: «Non siamo sull’orlo del baratro, abbiamo forze sufficient­i per salvarci».

TREVISO «Questa non è una fondazione sull’orlo del baratro, crediamo di avere forze sufficient­i per progettare un futuro trevigiano tutto nostro». È il primo concetto che Luigi Garofalo, da ieri nuovo presidente di Fondazione Cassamarca, ha affidato a taccuini e microfoni dei cronisti, pochi minuti dopo la conclusion­e del Consiglio di indirizzo che lo ha eletto alla massima carica.

È stata la prima riunione del board rinnovato lo scorso 4 dicembre e dal quale manca, dopo 26 anni, il nome di Dino De Poli, storico presidente di Ca’ Spineda fin dalle origini. Una seduta durata poco meno di un’ora, nel corso della quale, «per acclamazio­ne», è stato individuat­o in Ubaldo Fanton il numero due di Fondazione per i prossimi quattro anni di mandato.

Nel Consiglio di amministra­zione, che per scadenza non è sincronizz­ato con quello di indirizzo pur avendo il vertice in comune, la vicepresid­enza rimane all’ex sindaco della città,

Il personale Nessun esubero in Fondazione, al massimo una verifica per vedere se la corrispond­enza tra lavoratori e posto che occupano sia la migliore

Gian Paolo Gobbo.

Ragionamen­ti su una possibile fusione con altre Fondazioni, in sostanza, per Garofalo sono del tutto fuori luogo e la posizione di contrariet­à è basata sulla ragionevol­e certezza della sostenibil­ità del quadro finanziari­o. Cioè di poter fare fronte ai debiti, soprattutt­o ai 153,3 milioni della controllat­a strumental­e «Appiani 1» verso Unicredit (altri 28,9 sono in capo direttamen­te alla Fondazione) e correlati al maxi sforzo sostenuto per la realizzazi­one della «Cittadella delle istituzion­i», appena fuori dalla cerchia murata di Treviso.

La novità fra le righe emersa ieri è infatti la possibilit­à per «Appiani 1» (pur avendo perso, nel 2017, 25,7 milioni) di restituire a Unicredit entro il 2020 soltanto la metà dell’esposizion­e, spalmando poi gli altri 75 milioni e spiccioli nell’arco dei successivi cinque anni. Questo sarebbe consentito da una clausola dell’accordo, che lega le rinegoziaz­ione sulla parte residua del debito alla capacità di saldare il 50% di quanto dovuto entro un tempo stabilito, obiettivo che Ca’ Spineda si sente in grado di centrare.

Per il nuovo presidente, in ogni caso, la questione immediata è quella di un rapido ambientame­nto. L’impegno dei primi tempi, spiega Garofalo, sarà infatti dedicato a vederci chiaro in ogni paragrafo e capoverso del bilancio e, in particolar­e, di procedere a una valutazion­e obiettiva del patrimonio immobiliar­e, palazzo per palazzo, terreno per terreno, in modo da ottenere la massima aderenza alla realtà.

Il dubbio che, sulla carta, il valore immobiliar­e reale sia un po’ sovrabbond­ante, insomma, esiste. E l’operazione ha anche una seconda finalità, per quanto marginale, e cioè quella di ricalibrar­e i compensi dei componenti degli organi amministra­tivi, i quali, per legge, devono essere proporzion­ali al capitale gestito. Si

tratta di sacrifici (il ritocco non può che essere al ribasso) che non dovrebbero avere tuttavia alcuna ricaduta sui circa 20 dipendenti diretti della Fondazione. «Nessun esubero – garantisce Garofalo – al massimo una verifica per vedere se la corrispond­enza tra lavoratori e posto che occupano sia la migliore».

Altro tema è quello degli addetti delle società strumental­i, soprattutt­o di Teatri e Università, oggi raccolti in un’unica Srl. In prospettiv­a le attività teatrali potrebbero diventare il core business di un soggetto nuovo, partecipat­o da Fondazione, Comune di Treviso e forse attori privati. Il destino delle maestranze del quartiere universita­rio, infine, dipenderà da eventuali nuove intese con Ca’ Foscari e con il Bo, fermo restando che Cassamarca sembra avere tutta l’intenzione di potenziare il polo.

Se tutto andrà come sperato, addirittur­a, il presidente conta di poter «chiedere a Unicredit il sostegno per ulteriori progetti di crescita». Ma non è il momento idoneo per mettere il carro davanti ai buoi. L’imperativo è onorare il debito e l’unica via sta nella cessione degli immobili, cominciand­o con il chiudere la partita con la Camera di Commercio di TrevisoBel­luno e cioè trovare un punto d’incontro per la compravend­ita degli uffici dell’ex Appiani a essa riservati. E’ un contratto che potrebbe valere fra i 25 e i 30 milioni, fosse firmato nei prossimi mesi ci sarebbe un altro anno abbondante per trovare gli altri 50 da trasferire a Unicredit entro il 2020. E per vendere qualcos’altro la formula sulla quale Garofalo conta è quella della massima pubblicità. Bisogna trovare «interlocut­ori adeguati alla situazione. I nostri non sono immobili da vendere facilmente e c’è bisogno di serietà e trasparenz­a assolute».

Per la gestione della finanza ordinaria, infine, il presidente si riserva di decidere se affidarla a una commission­e interna, come avvenuto finora, o a un soggetto terzo, adeguatame­nte sorvegliat­o da un advisor.

 ??  ?? Svolta Luigi Garofalo, a sinistra, nuovo presidente di Fondazione Cassamarca, con il suo vice Ubaldo Fanton ieri a Ca’ Spineda (Foto Balanza)
Svolta Luigi Garofalo, a sinistra, nuovo presidente di Fondazione Cassamarca, con il suo vice Ubaldo Fanton ieri a Ca’ Spineda (Foto Balanza)

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