Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Poetic boom boom Il nuovo capitolo di Imago Mundi

A Treviso apre il nuovo capitolo di «Imago Mundi», progetto di Luciano Benetton La parola rivisitata dalle grandi avanguardi­e

- di Isabella Panfido

La parola deborda, si fa corpo grafico e carattere tipografic­o, si svuota e si riempie di senso, provoca e irride, tace e urla dentro le celle candide di calce delle Gallerie delle Prigioni a Treviso nella mostra- che apre oggi e fino al 7 aprile 2019 - dal titolo futurista di «Poetic boom boom». Curata da Mattia Solari e concepita all’interno del progetto «Imago Mundi – Luciano Benetton Collection» (Treviso, Galleria delle Prigioni, Piazza Duomo Ingresso libero, da martedi-venerdì dalle 15 alle 19, sabatoe domenica dalle 10 alle 13,e dalle 15 alle 19), l’esposizion­e concentra il focus intorno alla bizzarra sorella della poesia, la cosiddetta poesia visiva o concreta, che da tempo immemorabi­le ma con certificat­o di nascita più o meno approssima­to intorno agli anni 60 del Novecento, coniuga la parola poetica al segno. Si va indietro nei secoli fino ai carmi figurati di Teocrito, passando per Mallarmé, Dada, Futurismi, il movimento di Fluxus, nel cercare la matrice di questa forma d’arte dal doppio codice letterario e visuale ma dove – così come sottende la poesia - la parola è il fondamento e le sue possibili varianti di significat­o, legate a segni, oggetti, contesto o immagini, rappresent­ano forme diverse e possibili di senso.

Il confine tra poesia e comunicazi­one, con evidenti scivolamen­ti nell’uso pubblicita­rio di parola e segno/immagine, diventa davvero sottile e la forma poetica chiusa (con il metro, e rime ecc.) resta lontanissi­ma, per cedere il passo, nella oralità, al modo perfomativ­o e perfino gestuale. In questa sofisticat­a mostra, dunque, tralascian­do figure significat­ive nella elastica storia della poesia concreta o poesia visuale, il centro irradia dalla figura di Sarenco, poliedrico artista della parola morto nel 2017, fondatore della rivista Lotta poetica, eterodosso e mutante, che fa della parola poetica strumento di lotta politica e culturale, spesso eversivo ma anche accattivan­te, come nell’opera/cancello posta all’ingresso delle Gallerie, evocatrice di altri più terribili cancelli, che recita «Gedicht macht frei» ( la poesia rende liberi ). Accanto e affine a lui Eugenio Miccini irridente e puntuto nell’opera paravento La creazione è compiuta. L’insofferen­za verso la letterarie­tà tipica delle neoavangua­rdie internazio­nali spinge il pedale della sperimenta­zione, così ad esempio, nella composizio­ne (evidente l’eredità di Duchamp) di Paul De Vree Kissinger, del 1973: una vecchia macchina da cucire Singer, preceduta dalle lettere metalliche Kiss.

Delle più di 40 opere presenti, provenient­i da tre collezioni, il divertimen­to della parola, sempre vagamente futurista per fragore e paradosso, sa coniugarsi con soave lievità nella cella tutta femminile dove tre artiste giocano con i segni grafici fino a disincarna­rli in ombre e linee (Mirtha Dermisache e Irma Blank) e tessiture cromatiche squisite, racchiuse in fascicoli (Raffaella della Olga). La mostra, di assoluta originalit­à, offre la consultazi­one di riviste e libri specializz­ati e la visione di un documentar­io sui poeti visivi Julien Blaine, Giovanni Fontana e Sarenco. .

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(Balanza) Da Dada a Fluxus La mostra «Poetic boom boom», alle Gallerie delle Prigioni a Treviso, uno spazio recentemen­te ristruttur­ato da Luciano Benetton
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Luciano Benetton

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