Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Lite furiosa, ferisce il compagno con un pezzo di vetro
Condannato per aver picchiato genitori e fratello. In cella figlio che aveva rapinato la madre
VENEZIA Lui cercava di rientrare in casa, lei non lo lasciava passare. Così tra due compagni veneziani, lui di 46 anni e lei di 33, è partita una guerra di insulti, poi degenerati in minacce e infine in uno scontro fisico, in cui ad avere la peggio è stato l’uomo. Per raffreddare gli animi, sono dovuti intervenire i carabinieri, ma anche i sanitari del Suem. I due si sono scontrati sulla porta di casa e tra spinte e schiaffi ad un certo punto è comparso anche un pezzo di vetro: forse i resti di una bottiglia rotta, oppure di una cornice frantumata. La 33enne non ha avuto troppe esitazioni nel brandire l’arma, tanto che l’uomo si è presentato agli operatori del 118 con diversi tagli, su tutto il corpo. Oltre a questo, il 46enne ha subito la frattura del quinto metacarpo della mano destra. Per lui, ricoverato in ospedale, la prognosi è di un mese. Più lievi le ferite riportate dalla donna, forse causate dalla stessa scheggia di vetro; ma denunciare con l’accusa di lesioni aggravate.
Le liti e le violenze in casa sono materiale sempre più frequente in tribunale. Ieri per esempio è arrivato a conclusione il processo a un 52enne di Santa Maria di Sala accusato dal pm Raffaele Incardona di aver sottoposto i Sono sempre di più le violenze in famiglia che arrivano nelle aule di tribunale genitori e il fratello a botte e minacce per quasi dieci anni, dal 2007 al 2016. Il padre in un’occasione era dovuto anche ricorrere alle cure del pronto soccorso. «Ti uccido, sei un fannullone, non vedo l’ora che muori, ti strangolo con le mie mani», gli gridava lui, che chiedeva in continuazione soldi. Il giudice Enrico Ciampaglia l’ha condannato a un anno e mezzo.
Era invece già stato condannato un 53enne mestrino, accusato di rapina ai danni della madre: era il 2016 e l’aveva minacciato con un coltello, costringendola a uscire di casa, prelevare contanti al bancomat e portarglieli per pagarsi la droga. Dopo tre anni e un doppio processo, ieri i carabinieri lo hanno raggiunto e portato in carcere, dove sconterà la pena definitiva, sommata all’esito di un vecchio procedimento del 2014, quando si era rifiutato di sottoporsi all’alcooltest. Dovrà restare a Santa Maria Maggiore per sei mesi. (gi. co. – a. zo.)