Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La responsabilità d’impresa tra penale e sociale
Il diritto penale evoca, nell’immaginario collettivo, la «pena per eccellenza», il carcere, ed è (stato) tradizionalmente costruito e plasmato secondo un paradigma antropocentrico. Come conciliare, dunque, questo modello di responsabilità personale, con la carica di umanità del rimprovero nei confronti di un «atto colpevole», con l’idea di una sanzione a carico di un ente che non è dotato di corporeità? Il tema è assai complesso e variegato e ruota, ancora una volta non per caso, attorno all’idea di autoregolamentazione nonché, correlativamente, di una responsabilità per la colpa dell’organizzazione. Sono le regole, le modalità di funzionamento e azione che l’impresa si dà (o non si dà!), a costituire una sorta di anticorpi interni nei confronti di comportamenti scorretti e illegali, a prevenire forme, potenzialmente assai gravi, di responsabilità ma, prima ancora, a incarnare l’occasione di rinnovamento profondo della governance e di abbandono di uno «stile di gestione» non adeguato o riflesso di una politica d’impresa anacronistica (o peggio). Una rivoluzione copernicana, dall’applicazione potenzialmente dirompente. Sullo sfondo, delicate questioni di rapporto tra etica individuale ed etica collettiva, tra diritto, economia ed etica degli affari. Ecco, allora, che assume particolare interesse, specialmente per il mondo delle imprese, cercare di cogliere il dispiegarsi concreto della normativa; in altre parole come essa viene approcciata e «gestita» nei Tribunali, in particolare sul versante della valutazione dell’autoregolamentazione di cui si diceva poco fa. L’osservazione sull’applicazione di questa disciplina nel Triveneto, grazie a un Osservatorio istituito presso l’Università degli Studi di Padova, mostra, sotto il profilo quantitativo, un andamento tendenzialmente disomogeneo, seppure il numero dei procedimenti per anno risulti generalmente in calo nel corso del tempo. In particolare, si è passati dai 93 procedimenti del 2012 ai 61 nel 2016, ove peraltro negli anni intermedi il numero è prima sceso nel 2013 per poi risalire nel 2014; la Regione nella quale si è rilevato il maggiore numero di procedimenti è passata dall’essere il Veneto nel 2012 al Friuli Venezia Giulia nel 2016. Sul versante per così dire tipologico, a fronte della costante tendenza del legislatore ad ampliare i reati la cui commissione origina la responsabilità dell’impresa, i reati oggetto del maggior numero di procedimenti sono senz’altro quelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro, seguiti, pur a distanza, dai reati ambientali e dai reati contro la Pubblica Amministrazione; esigui, invece, i procedimenti instaurati per altri reati quali ricettazione e riciclaggio, reati societari, e altro – per dare un’idea, 151 sono stati i procedimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, 31 per reati ambientali e 16 per reati contro la Pubblica Amministrazione. Il dato potrebbe per un verso leggersi come esito di un più diffuso adeguamento delle imprese alla normativa e, dunque, come miglioramento in chiave di legalità, oltre che efficienza, della cultura aziendale. Per altro verso, accanto alla nota carenza di risorse del mondo giudiziario, la quale con buona probabilità fa anche qui sentire i suoi effetti, pare di potere scorgere una accorta prudenza e una calibrata attenzione da parte della magistratura nel ricorso a uno strumentario, come detto, potenzialmente pervasivo nella vita dell’impresa e «violento», della violenza tipica del momento punitivo. Il che, nell’epoca della «società del controllo» e dell’impiego propagandistico del diritto penale, è davvero molto.