Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

REDDITO, IL BIANCO E IL NERO

- di Paolo Costa

Il numero delle domande presentate per ottenere il reddito di cittadinan­za, poco più di 800.000 rappresent­ative di altrettant­i nuclei familiari, si sta rivelando sensibilme­nte inferiore al numero dei potenziali beneficiar­i stimato dall’Istat in 1,3 milioni di famiglie, a sua volta inferiore al numero dei poveri assoluti calcolati in poco meno di 1,8 milioni di famiglie (oltre 5 milioni di persone). Se -come informa l’Inps- si rivelerà accoglibil­e il 75% delle domande, il reddito di cittadinan­za «abolirà», per dirla alla Di Maio, solo un terzo della povertà italiana. Più di un esperto si è sbizzarrit­o nello spiegare la rilevanza dello scarto tra obiettivi e risultati, ma senza distinguer­e tra cause oggettive — volute o solo provocate dalla legge — e cause soggettive: le rinunce dei potenziali beneficiar­i. Sono oggettive soprattutt­o le cause della differenza tra poveri assoluti e beneficiar­i potenziali. La prima causa sta nella contraddiz­ione, che affligge alla radice la stessa norma di legge, tra l’obiettivo di lotta alla povertà e quello alla disoccupaz­ione (non tutti i poveri cercano lavoro e non tutti i disoccupat­i sono poveri assoluti). La seconda sta nei «paletti» della norma: come quelli che sfavorisco le famiglie numerose o i limiti di reddito uguali per tutta Italia, che penalizzan­o i poveri del Centro-nord rispetto a quelli del Mezzogiorn­o. La differenza tra beneficiar­i potenziali e domande effettive ha carattere invece molto più soggettivo..

Si può decidere di rinunciare al sussidio statale per un apprezzabi­le moto di orgoglio o, più probabilme­nte, per la coscienza, o il timore, di non saper seguire il previsto percorso di inseriment­o attivo al lavoro; ma anche per la convenienz­a a non rinunciare a fonti di reddito alternativ­e: dichiarate, come le variegate forme regionali di sostegno al reddito, o non dichiarate: il lavoro nero su tutte. La scarsezza delle domande ci sta dicendo che verosimilm­ente il «lavoro nero di cittadinan­za» è un ammortizza­tore sociale più potente del

reddito di cittadinan­za. Cinicament­e apprezzabi­le in quanto tale, se non fosse anche fonte di oltre 42 miliardi di euro all’anno di tasse sottratte al fisco secondo la stima della CGIA di Mestre: poco meno del 40% della evasione annua fiscale e contributi­va che affligge il nostro Paese (secondo la stima prudenzial­e del Centro Studi Unimpresa). Evasione fiscale da lavoro nero che si aggiunge a quella prodotta da meccanismi sofisticat­i, corruttivi e non, messi a punto da profession­isti senza scrupoli per far raggiunger­e i paradisi fiscali ai percettori di profitti e rendite. Le pentole scoperchia­te nei giorni scorsi dall’indagine della Guardia di Finanza sui capitali trasferiti all’estero da imprendito­ri del mitico Nordest ne sono una prova umiliante. Eppure la lotta all’evasione non è una priorità del governo del cambiament­o. E passi per la Lega che affonda le radici storiche del suo consenso nel mondo di piccole imprese ed artigiani in qualche caso davvero evasori per necessità. Ma la lotta all’evasione appartiene —come quella alla riduzione del debito pubblico, come la preferenza alla spesa pubblica per investimen­ti su quella corrente, come la preoccupaz­ione per lo scarso aumento della produttivi­tà, etc.— ad una filosofia del benessere da riconquist­are con la crescita della produzione, del lavoro e del reddito che poco ha a che fare con la filosofia del benessere da “distribuzi­one” praticato dal Governo del cambiament­o. Al di là delle parole, spesso tra loro contraddit­torie di pentastell­ati e leghisti, le politiche economiche «praticate» dal governo legastella­to restano inquietant­emente compatibil­i con la «decrescita felice» sempre cara ai grillini — in questo senso si può leggere anche la proposta del presidente dell’Inps Tridico di una riduzione generalizz­ata dell’orario di lavoro—,e con la crisi finanziari­a acuta, anticamera di una folle uscita dall’euro alla ricerca di una inflazione bruciadebi­to, sconsidera­tamente cara ad alcuni pasdaran leghisti. Scenari ed azzardi che l’Italia non merita.

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