Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
I cantieri della montagna per salvare il turismo
Il nodo sono sentieri e passeggiate. I sindaci: «Puliremo almeno i principali»
BELLUNO La Pasqua baciata dal sole e il ponte del 25 aprile rappresentano anche per la montagna il trampolino di lancio della stagione estiva. Sul Faloria, a Cortina, si scia fino al primo maggio,0 con le piste aperte e ben innevate e il 15% degli hotel al lavoro. Anche il resto del Bellunese inizia a raccogliere le prime prenotazioni, compresi i Comuni lo scorso novembre devastati dalla tempesta Vaia, pur tra mille difficoltà.
«C’è una grande mobilitazione per sistemare le aree maggiormente attrattive — dice Roberto Padrin, presidente della Provincia e sindaco di Longarone —. Il mio è stato uno dei paesi più colpiti dal maltempo, che ha abbattuto 27 mila metri cubi di alberi di proprietà comunale: abbiamo fatto un’asta e sono stati assegnati a una ditta, che si occuperà della rimozione. Insieme al Cai, che lo gestisce, e con l’aiuto dei Forestali, stiamo sistemando poi il rifugio Pian de Fontana e le vie di passaggio principali. Insomma, lavoriamo febbrilmente per arrivare pronti all’estate — aggiunge Padrin — così come tanti altri sindaci, che stanno lanciando gare per l’assegnazione dei letti boschivi distrutti dalla tempesta. E’ uno sforzo congiunto, quest’estate ci saranno molti cantieri aperti, ma qualche problema resta per le piste ciclabili, per esempio quella che collega Rocca ad Alleghe o quella per Castellavazzo, in parte spazzata via dall’acqua». Si studiano alternative, perché per ripararle ci vorrà più tempo, ma in generale si conta di vivere una buona stagione estiva. E torna l’appello ai turisti: «Scegliete il Bellunese anche per contribuire alla ricostruzione».
In prima linea Leandro Grones, sindaco di Livinallongo: « Il nostro cuore turistico, Arabba, non è stato toccato da Vaia. E nemmeno le zone sopra i 1800 metri, ricche di percorsi e ferrate percorribili. I percorsi più battuti, attorno al Sella, sono liberi e il castello di Andrazzo è aperto. La tempesta ha però causato molti danni ai paesi della valle, ci sono aree ancora da pulire e cantieri aperti: sarà difficile utilizzare i sentieri per i fungaioli, per esempio. Ma i lavori di disboscamento non toccheranno le aree turistiche e gli alberghi apriranno regolarmente a metà maggio. Il nostro è il secondo Comune per nume ro di turisti, cioè 365mila, dopo Cortina, che ne conta un milione e 100mila». Più critica la situazione di Rocca Pietore, che ha accusato danni per 107 milioni di euro. «Sono ancora da sistemare tornanti, argini, ponti, strade principali e secondarie, linee elettriche e telefoniche, sentieri e strade silvo-pastorali — elenca il sindaco Andrea De Bernardin —. Però alberghi, impianti di risalita, funivie, musei e B&B si sono rimessi in piedi, fatta eccezione per l’hotel Sasso Bianco di Santa Maria delle Grazie, che non ce la farà ad aprire. La funivia per la Marmolada e il Museo della Guerra, il più alto d’Europa, sono invece funzionanti. E ci stiamo organizzando per riaprire in tempo per l’estate i percorsi più famosi, almeno il giro del lago di Alleghe e quelli delle Malghe Laste e Ombretta». In recupero le passeggiate, però non la gola del Serrai di Sottoguda (perdite per 7 milioni di euro), che nei tre mesi estivi registrava 150mila paganti.
E a proposito di soldi, precisa Camillo De Pellegrin, sindaco di Val di Zoldo: « Stiamo aspettando i fondi stanziati dal governo (780 milioni per il triennio 2019, 2020 e 2021, ndr), che dovrebbero arrivare entro la fine del mese. Solo allora potremo indire i bandi per la ricostruzione ma dovremo farlo entro dicembre, per non perdere i fondi di quest’anno. Se però ci verranno versati a giugno, non riusciremo a fare i lavori in tempo. Intanto abbiamo provveduto agli interventi di somma urgenza e sistemato le strade principali». Il Cai (Club alpino italiano) sta inoltre battendo sentiero per sentiero per ripulire il bosco, in modo da garantire l’accesso pure ai mezzi di emergenza. «Ma sul nostro territorio la situazione è disastrosa — rivela De Pellegrin — gli alberi caduti sono sparpagliati ovunque, non concentrati in poche zone, quindi le ditte specializzate sono poco interessate al legname, perchè i costi per rimuovere 10 tronchi di qua, 20 di là e 8 da un’altra parte sono alti. Mettici poi la carenza di personale dei Comuni e il quadro è dipinto. Nonostante ciò, è tutto aperto e stiamo ripristinando la strada per la Val Pramper».