Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Autonomia, l’apertura della Grillo
Sanità, il ministro: accolte 9 richieste su 11. Salvini: «La riforma nel prossimo Cdm»
VENEZIA Incontro positivo, a detta di entrambe, quello di ieri tra il ministro della Salute Giulia Grillo e la collega agli Affari regionali Erika Stefani: «C’è l’intesa sull’80% dei punti dell’intesa». Ma sulla riforma autonomista continuano a pesare i no di altri ministeri, dall’Ambiente ai Beni Culturali, passando per le Infrastrutture. E resta il nodo politico: M5S è disposto a sbloccare l’impasse? Lo chiederà oggi Stefani al premier Conte, in un nuovo vertice.
VENEZIA La sanità avvicina il Veneto, con Lombardia ed Emilia, al traguardo dell’autonomia. L’incontro di ieri al Senato tra i ministri della Salute, Giulia Grillo, e degli Affari regionali, la vicentina Erika Stefani, si è concluso con l’accoglimento dell’80% delle richieste presentate dalla Regione. Ed è il primo tavolo a tema avviato fra le tre giunte e il governo. «Continua in modo proficuo il dialogo sull’autonomia con il ministro Erika Stefani — ha twittato intorno alle 13 la Grillo —. Sui temi della salute siamo a un buon punto di mediazione».
In effetti su undici punti in discussione, nove sono passati. La Grillo ha detto no alla possibilità per le Regioni di indire gare tra farmaci equivalenti al fine di strappare il prezzo migliore, invece di dover continuare a comprarli al costo fisso. La questione è di competenza dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), che temporeggia dal 2012, ma il ministro ha promesso lo sblocco della situazione. Il secondo stop riguarda l’opzione di procedere con provvedimenti sostitutivi regionali — ora bocciati dal Tar — ogni volta che i ministeri interessati non producano in tempo utile i decreti attuativi di leggi già approvate. Misure che decadranno quando tali decreti saranno emanati.
Il via libera è arrivato invece per temi in parte inclusi nel decreto Calabria, come lo sblocco delle assunzioni e il nullaosta ad assumere medici neolaureati da specializzare direttamente in ospedale, e in parte nel Patto per la Salute 2019, come la flessibilità organizzativa e relativo potere di creare nuove aziende. «Sì» anche: alla contrattazione regionale con camici bianchi e comparto e, di conseguenza, alla possibilità di aumentarne gli stipendi; a un fondo annuale certo per l’edilizia ospedaliera in base non ai progetti ma alla quota di accesso al Fondo sanitario, che per il Veneto corrisponde all’8% del totale; alla libertà sui Drg, cioè le tariffe relative a ricoveri e prestazioni specialistiche; al riconoscimento delle forme complesse relative alle cure primarie, ovvero alle Medicine di gruppo semplici (ambulatori di dottori di base associati aperti 8 ore al giorno, con infermiera e segretaria) e aggregate (apertura h12 o h24 e collaborazioni con gli specialisti); al taglio del superticket di 10 euro sulla specialistica; e a un fondo integrativo regionale per dipendenti pubblici, disoccupati, pensionati e altri soggetti che non lo percepiscono.
«Il lavoro continua, stiamo approfondendo alcuni aspetti tecnici, ma contiamo di chiudere in tempi ragionevoli — spiega la Grillo —. L’obiettivo è di uscire dal tavolo con un documento che possa valere per tutte le Regioni». Partendo da quelle che non sono in piano di rientro.
È stata poi concordata una mediazione per le assunzioni dei neolaureati, soluzione alla carenza di medici che però non piace molto all’Università. La proposta da portare al tavolo con il Miur è di predisporre per gli studenti di Medicina un biennio uguale per tutti e di differenziare il triennio tra formazione «classica» e assunzione a tempo determinato in ospedale, fino al termine della specializzazione. Nel frattempo gli specializzandi dell’ultimo anno possono già parteci
pare ai concorsi pubblici.
Ieri sera dopo il Cdm è arrivato l’intervento del vicepremier Matteo Salvini: «Il lavoro è stato fatto, siamo pronti per votare al prossimo Consiglio dei ministri il testo base sulle autonomie per dare risposte ai cittadini delle tre regioni che aspettano da tempo, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. A conferma della bontà del progetto anche le regioni Piemonte, Marche, Campania, Liguria e Umbria hanno avanzato richiesta di maggiore autonomia, il nostro obiettivo è di riunire il Paese nel nome della modernità, dell’efficienza, della trasparenza e del merito».
Se passi avanti sono stati fatti sulla Sanità, resta invece lontano l’accordo con il ministro dell’Ambiente Sergio Costa e quello dei Beni Culturali Alberto Bonisoli, così come restano da sciogliere i nodi relativi alle concessioni autostradali e alla titolarità della rete ferroviaria con il ministero delle Infrastrutture guidato da Danilo Toninelli (che oggi vedrà il governatore Luca Zaia a Roma per discutere della nomina del nuovo commissario del Mose; i due si rivedranno domani per l’inaugurazione del nuovo ponte sul Piave a Ponte della Priula).
Al di là dei tavoli tecnici, però, ciò che conta è la volontà politica di arrivare alla firma dell’intesa tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il governatore Luca Zaia. C’è? Non c’è? È quel che chiederà questa mattina Stefani a Conte in un faccia a faccia a Palazzo Chigi. Il mandato di Matteo Salvini al suo ministro è chiaro: «Si va avanti come treni». Il premier si è fatto garante della buona riuscita delle operazioni ma il Movimento Cinque Stelle continua a fare resistenza. Martedì era stato il ministro per i Rapporti col parlamento Riccardo Fraccaro ad attaccare duramente Stefani, per via delle nomine nelle commissioni paritetiche del Trentino Alto Adige. Ieri la Lega ha replicato facendo approvare un emendamento al decreto Crescita alla Camera che trasferisce alle Regioni la titolarità e la gestione del Fondo sviluppo e coesione, il ricchissimo serbatoio di fondi destinato per l’80% al Mezzogiorno, facendo infuriare il ministro del Sud Barbara Lezzi: «Il M5S non lo voterà».
Sempre ieri Anci e Upi di Veneto, Lombardia ed EmiliaRomagna hanno firmato un documento congiunto in cui chiedono l’approvazione delle intese in tempi rapidi.