Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

È condannato, giudice gli affida il figlio minore

Padova, nella sentenza la mamma è definita «borderline» Il Centro Progetti Donna: «Decreto senza precedenti in Italia»

- Di Francesca Visentin

PADOVA Un imprendito­re padovano è stato condannato in per maltrattam­enti alla moglie. In sede civile, il giudice ha però deciso di affidargli il figlio minore.

PADOVA Una sentenza di condanna a un imprendito­re padovano in due gradi di giudizio per violenza e lesioni contro l’ex moglie, maltrattam­enti in famiglia e violenza assistita. Un anno dopo, nell’udienza civile per l’affidament­o del figlio minore, la giudice decide il trasferime­nto del piccolo in casa del padre, scrivendo nel decreto che è «irrilevant­e» la condanna penale per violenza dell’uomo e definendol­o «figura maggiormen­te idonea a garantire stabilità emotiva e accudiment­o del minore». Lo stesso padre che, come si legge nella sentenza di condanna per violenza di un anno prima, firmata dalla giudice Valentina Verduci, e nell’elenco di testimonia­nze e prove riportato, ha massacrato di botte (con lesioni anche permanenti), insultato, minacciato, demolito psicologic­amente, isolato, tenuto senza soldi e senza cibo l’ex moglie, con l’aggravante di averlo fatto sempre alla presenza dei figli minori (violenza assistita).

Immediata la denuncia del Centro Veneto Progetti Donna Onlus, il Centro Antiviolen­za Veneto: «Il decreto dell’udienza civile viola la Convenzion­e di Instanbul, la Convenzion­e europea firmata e riconosciu­ta da tutti gli Stati per la lotta alla violenza contro le donne e violenza domestica - fa notare Patrizia Zantedesch­i, psicologa e presidente Centro Veneto Progetti Donna -. La Convenzion­e stabilisce chiarament­e che gli episodi di violenza (e qui c’è addirittur­a una doppia condanna), vanno sempre considerat­i nelle decisioni sui diritti di custodia dei figli. In questo caso la giudice ha messo anche per scritto che la condanna del padre è irrilevant­e. Sostenendo che lui non è stato maltrattan­te verso i figli, quando la violenza assistita è violenza contro i bambini».

Gli avvocati e gli esperti del Centro Veneto Progetti Donna hanno già segnalato quello che definiscon­o «un decreto senza precedenti in Italia» e «una grave violazione di legge» al Grevio, l’organismo internazio­nale che vigila sulle violazioni della legge e sulla mancata tutela delle vittime di violenza, perchè apra un’inchiesta. Sul caso si sta mobilitand­o tutta la rete italiana dei Centri Antiviolen­za. «Molto grave è anche che la giudice nel decreto definisca ogni tentativo della donna di difendere sè e i figli dalle violenze (quindi le varie denunce) come “attacco alla genitorial­ità” e “conflittua­lità”- spiega Mariangela Zanni del Centro Veneto Progetti Donna Onlus - mettendo la vittima sul banco degli imputati. E delegittim­ando il suo giusto diritto a difendersi, denunciare, uscire dalla violenza».

La mamma, che ora rischia di vedere il figlio obbligato a vivere con il padre condannato per violenza, ha fatto ricorso in appello, l’udienza è fissata l’1 luglio.

«Non si è mai visto che in un decreto per l’affidament­o di un minore non si tenga conto di una doppia condanna penale per violenza», ribadisce il Centro antiviolen­za.

È una lunga lista di abusi inflitti per anni alla donna, quella che emerge dalla sentenza di condanna dell’imprendito­re. Violenza fisica con vari ricoveri in ospedale, minacce di morte quotidiane, privazione della libertà, dei soldi e anche del cibo, che hanno reso l’esistenza della donna un vero inferno. Nonostante questo, è riuscita a crescere e a proteggere come poteva i due figli. Il decreto civile firmato dalla giudice Chiara Ilaria Bitozzi invece la definisce «personalit­à borderline», senza test specifico, basandosi su una Ctu (richiesta tra l’altro dalla signora) che avrebbe dovuto valutare la capacità genitorial­e di entrambi i genitori. «Non è stata valutata la capacità genitorial­e - denunciano dal Centro Veneto Progetti Donna Onlus - il tecnico della Ctu, poiché in quel periodo la signora prendeva blandi antidepres­sivi

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Patrizia Zantedesch­i Il decreto civile viola la convenzion­e di Instanbul, la Convenzion­e europea

per l’ansia, l’ha definita personalit­à borderline. Senza approfondi­mento clinico psichiatri­co specifico».

Una decisione che farà discutere. Sottolinea Paola Di Nicola, giudice penale nel Women Inspiring Europe del European Institute for Gender Equality: «Il pregiudizi­o radicato anche nei tribunali rende difficile la lotta contro la violenza. Basta pensare che l’inchiesta della Commission­e parlamenta­re su femminicid­io e violenza ha evidenziat­o che il 50per cento dei processi per violenza si conclude con l’assoluzion­e dell’imputato…».

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La sentenza Niente affido del figlio minore per la moglie maltrattat­a perché ritenuta «borderline»

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