Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Gaiatto depone in aula «Non sono un truffatore, sono stato raggirato»
Sono tremila le vittime del broker veneziano
PORDENONE Sono le nove e un quarto del mattino: Fabio Gaiatto scende da un blindato della polizia penitenziaria di Tolmezzo, il carcere in cui si trova rinchiuso da mesi, ed entra nel Palazzo di Giustizia di Pordenone. È la sua prima volta in aula, al processo sulla maxi truffa della Venice Investment Group. «Voglio essere chiaro – dice davanti al giudice –. Delle persone hanno abusato della mia ingenuità. Mi prendo le mie responsabilità, ma non volevo truffare nessuno, né sparire e ho rischiato personalmente. Per me fare trading è una passione e rimarrà tale».
Gaiatto, 43enne finto broker di Portogruaro, è accusato di aver truffato tremila clienti che si erano affidati a lui per fare degli investimenti. Giovani, famiglie, professionisti che gli hanno affidato i loro soldi e che si sono ritrovati senza nulla in mano. Meno di un mese fa si è discussa la prima udienza con il rito abbreviato e il procuratore capo di Pordenone, Raffaele Tito, ha chiesto una condanna pesantissima per Gaiatto: nove anni di carcere e la confisca di 20 milioni di euro.
Secondo la procura, Gaiatto in un paio d’anni avrebbe raccolto 72 milioni di euro che fingeva di investire nel mercato Forex con la sua Venice Investment e ne avrebbe restituiti solo un terzo ai clienti. Ma il finto broker ieri in aula si è difeso, raccontando di essere stato lui stesso raggirato. «Sono partito con i soldi miei, raccolti nelle stagioni in montagna. I primi clienti di Portogruaro sono venuti da me perché conoscevano la mia famiglia – ha raccontato -. Poco dopo ho conosciuto dei professionisti che mi hanno spiegato che non ero in regola con la partita Iva agricola, che il mio commercialista mi aveva fatto cambiare in società di servizi. La finanza mi ha detto che in Italia non potevo lavorare così, quindi dovevo andare all’estero. Ho conosciuto la commercialista Marija Rade e ho aperto le società con lei».
Gaiatto, dunque, ha aperto delle attività all’estero, in Slovenia, per poter operare. «Poi ho conosciuto Mario Bariggi ed è iniziato tutto. Lui mi ha truffato e io ho combattuto fino all’ultimo con lui per restituire i soldi ai miei clienti». Fabio Gaiatto, 43 anni di Porogruaro, è rinchiuso da mesi in carcere Già nell’aprile del 2018 Gaiatto durante l’interrogatorio aveva fatto questo nome. Aveva detto di aver investito a marzo 2017 su una piattaforma neozelandese «tramite Mario Bariggi».
Il trader aveva aggiunto di aver consegnato alla società di Bariggi, la Angel Consulting Ltd, sei milioni, traendo la provvista dal conto della Venice». Ma la guardia di finanza nelle indagini non aveva trovato alcuna traccia di quel denaro investito nel forex e lo stesso Bariggi aveva detto di non saperne nulla, escludendo di aver ricevuto somme per l’apertura di conti di trading. «Bariggi mi ha fatto aprire delle società perché aveva capito che io volevo aprire una banca e una finanziaria per aiutare le persone. Quando si è accorto che avevo capito la truffa mi ha fatto terra bruciata – ha detto ieri in aula Gaiatto -. Anche la Rade mi invitò a stare attento al comportamento di Bariggi. Io passavo tutto il mio tempo a tranquillizzare i miei clienti perché contavo di recuperare i milioni che lui mi aveva sottratto. Se avessi voluto truffare, non sarei tornato in Italia. Ho sempre voluto e voglio sistemare le cose».
Adesso, però, i clienti del 43enne rivogliono i loro soldi. Al processo ci sono circa 1.100 parti civili. Di queste, il gruppo più grande è quello assistito dall’avvocato Luca Pavanetto, che ne conta 308. Per lo più famiglie, che hanno investito cifre diverse, qualcuno anche fino a 30 mila euro, ritrovandosi poi a perdere i loro soldi.