Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Neolaureati in corsia, la Grillo apre
Assist del ministro M5S della Sanità: sempre meno specializzati, bene il pragmatismo di Zaia
VENEZIA Convergenza suggellata dal realismo quella fra il governatore leghista Luca Zaia e il ministro per la Salute M5s Giulia Grillo quella sull’assunzione di 500 medici laureati e abilitati ma non specializzati per i pronto soccorso, le geriatrie e le medicine interne. Dal ministro un pacato plauso: «Non ci nascondiamo dietro un dito, il problema c’è. Apprezzabile il pragmatismo di Zaia».
VENEZIA La vigilia di Ferragosto il governatore Luca Zaia ha annunciato l’assunzione (a tempo indeterminato) di cinquecento medici laureati e abilitati nei settori della medicina interna, della geriatria e dei Pronto soccorso. Con buona pace dei percorsi di specialità su cui pesa il numero non sufficiente di borse di studio. A rendere drammatica la carenza di medici in Veneto (ne mancano 1.300) c’è anche il fenomeno dei concorsi disertati. Negli ultimi tre mesi sono state messe a bando con tre diverse selezioni 192 posizioni. Il risultato sono state 46 assunzioni, 22 specializzati più 24 specializzandi all’ultimo anno. Per non citare l’ultimo bando da 80 posti per medici di Pronto soccorso che ha fruttato la bellezza di 3 assunzioni. Non è andata neppure con i pensionati spesso già attivi nel privato. A mali estremi, la Regione ha deciso di puntare su una formazione agile nei settori meno specialistici e di assumere fra settembre e ottobre 500 camici bianchi dopo 92 ore di formazione teorica e due mesi di tirocinio sul campo sotto supervisione di un collega tutor. Una scelta destinata a far discutere. Abbiamo chiesto al ministro per la Salute, la pentastellata, Giulia Grillo, di commentare quelle che Zaia ha definito «delibere coraggiose».
«La situazione della programmazione del personale sanitario che ho trovato al ministero era complessa, per non dire drammatica. In un anno abbiamo fatto molto: snellimento dei percorsi burocratici prima e introduzione di un contratto di formazione-lavoro poi. Siamo arrivati a sbloccare le assunzioni, cancellando il blocco anacronistico del 2009».
I bandi andati deserti ad esempio in Veneto testimoniano che lo sblocco sulle assunzioni a volte non basta...
«Ogni Regione ora, secondo le proprie possibilità, si sta muovendo per fare i bandi necessari. Il Veneto ha già esplorato questa via, ma è vero che potrebbe ancora non essere sufficiente per alcune aree come per esempio l’emergenza urgenza».
Resta il nodo delle scuole di specialità e delle relative borse di studio. Come risolverlo?
«Per quello voglio spingere la seconda parte della riforma assunzioni del sistema, ovvero il riordino delle scuole di specializzazione con l’introduzione della formazione-lavoro, tema caldo su cui ho trovato alcune resistenze che ci stanno rallentando».
Quindi la scelta del Veneto può essere comprensibile?
«Al governatore Luca Zaia va riconosciuto un approccio pragmatico. Non possiamo nasconderci dietro un dito, sappiamo che nel Paese da almeno un decennio troviamo un numero crescente di medici non specialisti nei sistemi di emergenza, medici che hanno garantito e garantiscono oggi che i nostri servizi di pronto soccorso siano aperti. E che non mi stancherò mai di ringraziare! Questo personale non è assunto, vive nella libera professione o nelle cooperative e oggi non ha prospettive». Alla luce di tutto ciò, la via veneta sarebbe una forma di stabilizzazione?
«Se il Veneto arriva a ipotizzare percorsi d’assunzione con requisiti diversi in cui, ad esempio, un medico abilitato e formato per l’emergenza possa via via incrementare la sua formazione e le sue competenze, la cosa merita una valutazione, senza pregiudizi di fondo. Il nostro sistema sanitario oggi non ha solo il problema amministrativo di dover assumere medici in possesso della specializzazione. Il problema qui è anche trovare le persone disponibili, ad esempio, a scegliere ambiti difficili come l’emergenza urgenza e andare a lavorare in aree disagiate, ora gli incentivi ci sono».
Le prime resistenze ai neolaureati in corsia arrivano dai sindacati ma anche l’Università potrebbe aver da ridire?
«Come ministro vorrei che si arrivasse a superare questa impasse perché il processo di riordino necessario per noi quanto l’ossigeno. Sarebbe una riforma epocale che necessiterà, come tutte le grandi riforme, di una fase di adattamento da parte del sistema».
Chi si sta mettendo di traverso allora?
«Mi limito a ribadire che in questa fase tutti dovrebbero avere il senso di responsabilità di fare un passo indietro e lasciarci completare una riforma nazionale e urgente per questo Paese. Una riforma nazionale che stiamo portando avanti con grande determinazione. Dobbiamo garantire degli standard di qualità della formazione in tutto il Paese. Per questo la riforma di cui c’è bisogno deve avere una connotazione nazionale».
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