Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Violenze all’ospizio, la rabbia delle famiglie

- di Andreotti, Citter

IROVIGO «Non ci siamo mai accorti di nulla. Siamo increduli ma determinat­i a volere giustizia per le nostre parenti». A parlare così, ancora sconvolti dalle notizie appena ricevute, sono i parenti delle vittime degli abusi alla casa di riposo Iras di Rovigo. Sono da poco usciti dall’incontro nel quale ,il direttore Giovanni Luca Avanzi, ha spiegato loro che le sei anziane non autosuffic­ienti maltrattat­e dal personale (sette operatori socio sanitari e due inservient­i esterni) di cui hanno sentito parlare in questi giorni, sono loro parenti. Un’indagine della polizia, scattata grazie alla denuncia di una tirocinant­e, rimasta per un breve periodo nella struttura. E il primo sentimento che provano è lo sbigottime­nto: «Non possiamo ancora crederci, ci pare impossibil­e – commentano i famigliari di una delle anziane contro la quale gli operatori sotto indagine si sarebbero accaniti di più –. Andiamo a trovarla più volte a settimana. Non abbiamo mai notato nulla di anomalo. Anzi, ci ha sorpreso moltissimo sapere che tra gli indagati c’è anche un’operatrice che conosciamo bene e che era sempre molto affettuosa con lei». Chi invece aveva percepito qualcosa, sono i rappresent­ati del Comitato dei famigliari dell’Iras: «Per noi è una tragedia annunciata. Avevamo detto che c’erano segnali di disagio nei pazienti per i comportame­nti troppo aggressivi di alcuni operatori» spiegano il presidente Alessandro Sasso e il segretario Adriano Romagnolo. A maggio infatti (mentre l’indagine iniziava), il comitato

inviava al direttore una segnalazio­ne. Sensazioni che i filmati hanno confermato dipingendo un quadro molto più grave. Ed è dopo aver visto quelle immagini così dure, che i parenti delle vittime ora pretendono: «L’Iras deve dare una risposta esemplare, devono essere tutti licenziati». Una decisione che Avanzi ha già preso: «Li ho già sospesi spiega -. Non so come finirà la vicenda penale ma è chiaro che qui, quelle persone non lavorerann­o mai più”. Fin dal primo momento, Avanzi li aveva definiti: «Poche mele marce, in gruppo di oltre 150 operatori corretti e profession­ali». Ed è a loro che ora pensa il direttore: «Avvieremo un nuovo percorso di formazione con lo psicologo della struttura, per lavorare con i dipendenti e capire se ci sono fragilità che potrebbero sfociare in comportame­nti aggressivi». Il direttore ha anche ottenuto dal commissari­o regionale di anticipare l’assunzione di un altro coordinato­re di reparto: «E’ una figura fondamenta­le per vigilare sul personale e intercetta­re eventuali “fatti sentinella” di situazioni a rischio».

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I famigliari Ieri riuniti in assemblea

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