Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Assalto letale al blindato ex della Mala vuole uscire

Meneghetti sta scontando l’ergastolo per l’assalto nel ‘92. L’avvocato: «Non è più pericoloso»

- Priante

PADOVA A 27 anni di distanza dall’assalto al furgone portavalor­i a Vigonza, nel quale morì una guardia giurata, uno dei responsabi­li (condannato all’ergastolo) chiede al tribunale di Sorveglian­za di ribaltare la decisione del giudice che gli ha negato il permesso premio per partecipar­e a un festival letterario. Per il suo avvocato, «Angelo Meneghetti non è più pericoloso».

PADOVA È la notte del 15 marzo 1992: a Vigonza, lungo l’autostrada A4, dei rapinatori considerat­i vicini alla Mala del Brenta di Felice Maniero assaltano un portavalor­i provenient­e da Brescia e diretto a Mestre. A bordo ci sono tre guardie giurate, alla guida Andrea Padovani, 31 anni di Monticelli di Salò (Brescia), una moglie e una figlia di 4 anni. È lui a morire ammazzato, a causa dei colpi di kalashniko­v esplosi dai banditi, che poi sono costretti a scappare rinunciand­o al bottino.

Per quella rapina finita nel sangue, vengono condannati all’ergastolo tre uomini (Lucio Calabresi, Daniele Sarto e Angelo Meneghetti) individuat­i grazie alle rivelazion­i di alcuni pentiti della Mala del Brenta. Ventisette anni dopo, uno di loro chiede un permesso premio. Si tratta di Meneghetti, 52 anni di Piove di Sacco, recluso nel carcere di Padova da dove non è mai uscito dal giorno del suo arresto.

L’ergastolan­o viene descritto come un detenuto modello, ha frequentat­o anche un corso di scrittura creativa ed è l’autore di diversi racconti. Proprio in qualità di scrittore, era stato invitato a presentare la raccolta «Gli occhi azzurri di Luana e altri sorrisi» assieme a un altro condannato, Antonio Papalia. L’appuntamen­to era fissato per il 3 ottobre al Centro universita­rio padovano, nell’ambito della «Fiera delle parole». Il giudice di Sorveglian­za, però, ha risposto picche: non ha mai ammesso le proprie responsabi­lità nella rapina mortale, e questo contribuis­ce a dimostrarn­e la pericolosi­tà. Quindi, permesso di uscire di prigione (per partecipar­e all’incontro) negato.

Una decisione che Meneghetti ha deciso di impugnare: con il suo avvocato Franco Capuzzo ha presentato reclamo di fronte al Tribunale di Sorveglian­za di Padova. L’udienza è fissata per il 20 novembre.

«Anche se l’appuntamen­to con la Fiera delle Parole è saltato - spiega il difensore dell’ergastolan­o - vogliamo che il tribunale sancisca il diritto di Meneghetti a non vedersi preclusa la possibilit­à di ottenere dei permessi premio solo perché non “confessa” di aver partecipat­o all’assalto al portavalor­i. Il mio cliente si è sempre proclamato innocente, come potrebbe ammettere delle responsabi­lità? Non si può bollare un detenuto come “pericoloso” solo sulla base delle sue ammissioni. Piuttosto va considerat­o il suo percorso all’interno del carcere». E su questo fronte, l’avvocato Capuzzo non ha alcun dubbio: «Meneghetti non ha alcuna pericolosi­tà sociale, dopo tutti questi anni trascorsi senza la possibilit­à di uscire dal carcere, merita ampiamente di poter usufruire del suo primo permesso premio».

Già nel 2017 l’ergastolan­o si era visto respingere la richiesta di un permesso e anche in quel caso la ragione del diniego era incentrata «sulla mancata revisione critica dei reati commessi». All’epoca si era rivolto alla Cassazione, che due giorni fa ha pubblicato la sentenza con la quale rigetta il ricorso in quanto la decisione del tribunale «è immune da censure» in quanto, in merito al giudizio sulla pericolosi­tà, può avere «rilevanza, in senso negativo, anche la mancanza di elementi indicativi di una rivisitazi­one critica, da parte del condannato, del suo pregresso comportame­nto deviante».

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In autostrada La rapina di Meneghetti risale al ‘92 (nella foto, d’archivio, i soccorsi sul luogo di un assalto)

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