Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Marghera, il film di Segre nel cuore del Petrolchim­ico

Proiezione nel capannone, simbolo delle battaglie sindacali. Bettin: non smettiamo di interrogar­ci

- Giacomo Costa

MESTRE Entrano con passo quasi deferente, entrambi fasciati nella tuta da lavoro del petrolchim­ico. Il più anziano, il veterano, subito acquista le movenze rapide del padrone di casa; il giovane neo assunto rallenta, il naso puntato verso il soffitto vetrato, verso i murales con le bandiere rosse, brillanti come vernice fresca, eppure coperte di slogan che sembrano senza tempo ma che tradiscono la loro età nel rivolgersi al governo Andreotti. «Vedi? Qui è consumato, perché chi parlava batteva sempre il pugno», spiega l’operaio veterano in piedi sul «pulpito», imitando i gesti di tante assemblee. Il commento del giovane operaio dice tutto: «Non ero mai entrato qui». La scena prosegue mostrando i due operai che si scambiano sogni e progetti per la pensione - se mai ci arriverann­o - ma negli occhi dello spettatore resta l’amaro di quella distanza, quel divario tra il passato e il presente.

Ieri sera, appena il sole si è nascosto (prima i lucernari non lo permetteva­no) il docufilm «Il pianeta in mare» del regista Andrea Segre che lo ha scritto insieme a Gianfranco Bettin è stato proiettato proprio in quel capannone, teatro di uno degli scambi più significat­ivi della pellicola. Davanti a circa duecento persone - troppo poche, rispetto ai numeri delle assemblee negli anni di fuoco - è stato preceduto da un lungo dibattito con il regista stesso e Bettin in veste di co-sceneggiat­ore ma anche presidente della Municipali­tà di Marghera. Con loro, sul palco e in prima fila, i sindacalis­ti di oggi e di ieri, gli amministra­tori delegati delle società che ancora investono nell’area industrial­e veneziana, persino il sottosegre­tario Pierpaolo Barletta (lui, in realtà, in collegamen­to Skype), che ha preso impegni per accelerare le bonifiche e finanziare il rilancio di Marghera.

«Qui, per cambiare, per recuperare questo spazio, bisogna puntare davvero sull’industria 4.0 e sull’economia circolare - ha sottolinea­to Bettin - Ma non dobbiamo neanche smettere di interrogar­ci sui versamenti, sugli incidenti industrial­i che ancora si verificano a intervalli regolari negli impianti Versalis». Nel film si parla anche di questo, ma a farlo sono quasi sempre i lavoratori, veri protagonis­ti della pellicola: Nicoletta e Lucio, attori «a progetto», operai di lungo corso della Vinyls, protagonis­ti delle proteste più eclatanti, erano mescolati agli spettatori del capannone ieri, che li hanno riconosciu­ti sulle schermo mentre camminavan­o malinconic­i nei terreni abbandonat­i che furono la Vinyls.

E mentre le loro sagome si stagliano contro la laguna, tra le file di sedie si mormora di bonifiche, di marginamen­ti

Il regista Io e Gianfranco andavamo in giro tra le fabbriche abbandonat­e anche solo per senso estetico

mai completati, di futuro ancora incerto. Non c’erano in sala, invece, i protagonis­ti quasi principali del filmP, i tantissimi lavoratori stranieri di Fincantier­i, che davanti alla macchina da presa raccontano, parlando tra loro, le difficoltà delle commesse navali, la solitudine di chi viaggia da anni di cantiere in cantiere con la famiglia lontana, i sogni di chi spera di averla presto vicina, le case tristi, le cene via skype con i figli. Bengalesi, romeni, ucraini, accumunati dai contratti più stringenti, dalle pause pranzo ricavate a stento. Eppure Marghera è anche bellezza, come ha detto Segre, che ormai ha sviluppato una fascinazio­ne estrema per l’archeologi­a industrial­e veneziana: «Andavamo in sopralluog­o nei capannoni abbandonat­i, anche solo per senso estetico», sorrideva ieri guardando verso Bettin.

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La scena La gondola con sullo sfondo le ciminiere e l’arco di Porto Marghera

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