Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Marghera, il film di Segre nel cuore del Petrolchimico
Proiezione nel capannone, simbolo delle battaglie sindacali. Bettin: non smettiamo di interrogarci
MESTRE Entrano con passo quasi deferente, entrambi fasciati nella tuta da lavoro del petrolchimico. Il più anziano, il veterano, subito acquista le movenze rapide del padrone di casa; il giovane neo assunto rallenta, il naso puntato verso il soffitto vetrato, verso i murales con le bandiere rosse, brillanti come vernice fresca, eppure coperte di slogan che sembrano senza tempo ma che tradiscono la loro età nel rivolgersi al governo Andreotti. «Vedi? Qui è consumato, perché chi parlava batteva sempre il pugno», spiega l’operaio veterano in piedi sul «pulpito», imitando i gesti di tante assemblee. Il commento del giovane operaio dice tutto: «Non ero mai entrato qui». La scena prosegue mostrando i due operai che si scambiano sogni e progetti per la pensione - se mai ci arriveranno - ma negli occhi dello spettatore resta l’amaro di quella distanza, quel divario tra il passato e il presente.
Ieri sera, appena il sole si è nascosto (prima i lucernari non lo permettevano) il docufilm «Il pianeta in mare» del regista Andrea Segre che lo ha scritto insieme a Gianfranco Bettin è stato proiettato proprio in quel capannone, teatro di uno degli scambi più significativi della pellicola. Davanti a circa duecento persone - troppo poche, rispetto ai numeri delle assemblee negli anni di fuoco - è stato preceduto da un lungo dibattito con il regista stesso e Bettin in veste di co-sceneggiatore ma anche presidente della Municipalità di Marghera. Con loro, sul palco e in prima fila, i sindacalisti di oggi e di ieri, gli amministratori delegati delle società che ancora investono nell’area industriale veneziana, persino il sottosegretario Pierpaolo Barletta (lui, in realtà, in collegamento Skype), che ha preso impegni per accelerare le bonifiche e finanziare il rilancio di Marghera.
«Qui, per cambiare, per recuperare questo spazio, bisogna puntare davvero sull’industria 4.0 e sull’economia circolare - ha sottolineato Bettin - Ma non dobbiamo neanche smettere di interrogarci sui versamenti, sugli incidenti industriali che ancora si verificano a intervalli regolari negli impianti Versalis». Nel film si parla anche di questo, ma a farlo sono quasi sempre i lavoratori, veri protagonisti della pellicola: Nicoletta e Lucio, attori «a progetto», operai di lungo corso della Vinyls, protagonisti delle proteste più eclatanti, erano mescolati agli spettatori del capannone ieri, che li hanno riconosciuti sulle schermo mentre camminavano malinconici nei terreni abbandonati che furono la Vinyls.
E mentre le loro sagome si stagliano contro la laguna, tra le file di sedie si mormora di bonifiche, di marginamenti
Il regista Io e Gianfranco andavamo in giro tra le fabbriche abbandonate anche solo per senso estetico
mai completati, di futuro ancora incerto. Non c’erano in sala, invece, i protagonisti quasi principali del filmP, i tantissimi lavoratori stranieri di Fincantieri, che davanti alla macchina da presa raccontano, parlando tra loro, le difficoltà delle commesse navali, la solitudine di chi viaggia da anni di cantiere in cantiere con la famiglia lontana, i sogni di chi spera di averla presto vicina, le case tristi, le cene via skype con i figli. Bengalesi, romeni, ucraini, accumunati dai contratti più stringenti, dalle pause pranzo ricavate a stento. Eppure Marghera è anche bellezza, come ha detto Segre, che ormai ha sviluppato una fascinazione estrema per l’archeologia industriale veneziana: «Andavamo in sopralluogo nei capannoni abbandonati, anche solo per senso estetico», sorrideva ieri guardando verso Bettin.