Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Lo studente di Rovigo che combattè coi curdi «Un blitz? Erdogan si preparava da anni»

- Renato Piva

ROVIGO Era partito per la Siria il 22 settembre 2017, tre anni fa. Era tornato a Rovigo, casa sua, il 20 marzo dell’anno successivo. In mezzo a quelle due date, sette mesi di guerra al fianco dei curdi. Marco, 23 anni, fresco di laurea in Storia antica, è stato combattent­e dell’Unità di protezione popolare, la milizia curta nota come YPG. Ieri mattina era a dar man forte alla manifestaz­ione contro l’intervento turco nel nord della Siria organizzat­a a Rovigo da Rete Kurdistan Italia, network nazionale di vicinanza e aiuto al popolo curdo. Non citeremo il cognome, come chiesto dal ragazzo: «Per rispetto di mio padre, che è poliziotto, non lo scriva».

Marco, l’azione turca che sentimenti suscita in lei?

«Lo stato d’animo è di rabbia calma. Bisogna raffreddar­e i sentimenti, altrimenti si rischia di commettere gesti poco razionali. Quel che mi preme sottolinea­re è come la situazione non sia piovuta dal cielo da un momento all’altro. La raccontano come se si trattasse di una sorta di blitz, di guerra lampo; in realtà la Turchia preparava l’intervento da tempo e i curdi lo sapevano e si stavano attrezzand­o per difendersi».

Due anni fa parlò di Europa inerte e di interessi economici americani, tedeschi (vendita di carri alla Turchia) e anche italiani (vendita a Erdogan del sistema di localizzaz­ione armi Cobra) che portano al non intervento dell’Unione. Differenze nel presente?

«Tutto come allora. Bisogna anche riconoscer­e che ci sono delle manifestaz­ioni popolari in parecchie città e paesi d’Italia e d’Europa».

Movimenti popolari, certo. Le istituzion­i fanno altro...

«Le istituzion­i… Anche la nato ha detto che le operazioni turche devono continuare. L’agenda liberal capitalist­a dei Paesi occidental­i mi pare chiara...».

Pensa di tornare in Siria? «No, adesso no. Ho nostalgia per quei luoghi e sentimenti contrastan­ti, anche. Considero in Kurdistan la mia casa e lì ho lasciato una parte di me, ma so anche che il mio posto è qui. La mia battaglia continua, portando avanti le dinamiche della tolleranza e della denuncia. Denunciare, testimonia­re è importante».

É partito per il Kurdistan a 23 anni, dopo la laurea in storia. Tornato, disse che non vedeva il proprio futuro entro, parole sue, il «meccanismo lavora, consuma, muori»... Ora, 25enne, che fa?

«Sono tornato a studiare. Sto facendo la magistrale, a Bologna».

Nota finale. Il coordinato­re per il Polesine di Rete Kurdistan Italia è Giuliano Giovannini, 65 anni portati alla grande, agronomo in pensione e zio di Marco. Gli chiediamo se abbia avuto contatti con curdi o siriani in fuga dalla guerra, persone che chiedano di poter venire qui. «Lì scappano dal confine ma non ho notizie di questo tipo. Piuttosto, ci sono persone che stanno andando lì...». Intende veneti? «Sì, dal Veneto, ma, ovviamente, non mi chieda dettagli». Solo questo: sono ragazzi che vanno a combattere, come fece Marco? «Sì». Cinque, dieci? Un ordine di grandezza... «Due, due persone».

 ??  ?? Il Friuli Venezia Giulia TRIESTE è la nuova Lampedusa. Trieste è la porta d’Europa e uno degli sbocchi della rotta Balcanica. L’intervento turco al nord della Siria complica e maledettam­ente un quadro che, sul fronte dell’approdo di clandestin­i in Italia, vede numeri in crescita negli ultimi dieci mesi. Se Trieste è Lampedusa, Venezia e il Veneto sono l’entroterra della prima spiaggia. Il vento che soffia sul Friuli, leggi timore di una nuova e massiccia ondata di profughi, si sente pure qui. Che le cose stiano così, in terra giuliana, lo testimonia­no i dati, lo confermano le forze di polizia, lo sottolinea­no tutti i partiti. E lo dichiara con fermezza anche Il vallo ungherese La barriera di filo spinato contro i migranti dell’Ungheria. Anche il governator­e del Friuli, Massimilia­no Fedriga, chiede un muro: barriere e tecnologia
Il Friuli Venezia Giulia TRIESTE è la nuova Lampedusa. Trieste è la porta d’Europa e uno degli sbocchi della rotta Balcanica. L’intervento turco al nord della Siria complica e maledettam­ente un quadro che, sul fronte dell’approdo di clandestin­i in Italia, vede numeri in crescita negli ultimi dieci mesi. Se Trieste è Lampedusa, Venezia e il Veneto sono l’entroterra della prima spiaggia. Il vento che soffia sul Friuli, leggi timore di una nuova e massiccia ondata di profughi, si sente pure qui. Che le cose stiano così, in terra giuliana, lo testimonia­no i dati, lo confermano le forze di polizia, lo sottolinea­no tutti i partiti. E lo dichiara con fermezza anche Il vallo ungherese La barriera di filo spinato contro i migranti dell’Ungheria. Anche il governator­e del Friuli, Massimilia­no Fedriga, chiede un muro: barriere e tecnologia

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