Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Caos sugli scavi, bloccate le Tresse Italia Nostra: «No al protocollo fanghi»
La Salvaguardia manda il rialzo alla Via. Boato: parametri per risparmiare
VENEZIA Il protocollo fanghi «incagliato» al ministero dell’Ambiente, dove ben due direzioni hanno sollevato delle questioni e dove si sottolinea che va legato al Piano morfologico, la cui revisione è ancora in corso. E ora l’ultima novità è che la commissione di Salvaguardia, nella seduta più recente, ha «stoppato» il progetto per il rialzo dell’isola delle Tresse, uno dei pochi siti di conferimento disponibili attualmente, chiedendo che venga eseguita la valutazione d’impatto ambientale dall’apposita Commissione della Regione Veneto. Gli scavi in laguna sono bloccati, come lamentato dal presidente del Porto Pino Musolino una detour cina di giorni fa, quando ha accusato gli altri enti (in primis Ambiente e Provveditorato) di non fare abbastanza per impedire che lo scalo perda competitività, dopo che la Capitaneria aveva ridotto i pescaggi del canale dei Petroli e, di conseguenza, impedito che a fine mese arrivasse la nave container più grande di sempre, da 8500 Teu.
Il progetto alle Tresse prevede di rialzare la quota media di circa tre metri, da 9 metri a mezzo a 12 e mezzo. Ed era arrivato in Salvaguardia un mese fa. Italia Nostra si prende il merito dell’arresto del progetto, ma non canta vittoria. Ieri mattina l’associazione aveva organizzato un per spiegare perché è contro tutti questi interventi, rimandato a causa della nebbia. «L’isola delle Tresse è un problema urgente e ha rischiato di essere approvato racconta il consigliere dell’associazione Stefano Boato - Il nostro ingegnere ha richiesto dei documenti che non c’erano, il risultato è che la mattina in cui si doveva analizzare il progetto non se n’è nemmeno discusso: c’è stata la richiesta della valutazione di impatto ambientale». Boato ricorda che in laguna non ci sono isole più alte di due metri e mezzo, ma secondo Italia Nostra l’operazione è l’anticamera dell’arrivo di milioni di metri cubi di fanghi, legati agli scavi per il Canale dei Petroli e per il Vittorio Emanuele.
L’associazione ha diffuso un documento che ripercorre gli interventi che hanno alzato l’isola delle Tresse dal 1974 al 2019, precisando che l’isolotto artificiale, sorto a pelo d’acqua quarant’anni fa, è passato da 50 ettari a 105. «Secondo la Legge speciale non doveva nemmeno essere costruito e ora si vuole alzato ancora», spiega Lidia Fersuoch, presidente della sezione veneziana di Italia Nostra. Altra battaglia, parallela, dell’associazione, è bloccare gli interventi alla «cassa di colmata B» che potrebbe tornare ad essere utilizzata per lo scarico dei fanghi e il nuovo protocollo che – secondo quanto risposto dal ministero l’altro ieri in aula – potrebbe essere approvato a fine anno, adattando alle nuove norme europee quello che risale al 1993. Anche sul marginamento della cassa, previsto con una palificazione dopo che il Provveditorato ha bocciato l’ipotesi del palancolato metallico, l’Ambiente ha chiesto la Via, questa volta nazionale. «Docenti di Ca’ Foscari – dice Boato parlando invece del protocollo fanghi ci dicono che quei nuovi tipi di parametri, che l’Europa utilizza per i mari, farebbe declassare la pericolosità dei fanghi. In questo modo si potrebbero scavare nel Vittorio Emanuele milioni di metri cubi ad un prezzo inferiore, perché si potrebbero ributtare in laguna invece che smaltirli in discarica». Accuse che i tecnici che hanno lavorato al protocollo, però, respingono.
L’isola artificiale Creata nel 1974, è stata raddoppiata da 50 a 105 ettari e ora si vuole alzarla a 12,5 metri