Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Italia-Germania «Due vasi comunicanti»
L’incontro con Federico Faggin, tra gli inventori del microchip: «Ora mi dedico alla natura della coscienza». Boscaini (Masi): «Affascinante come si affida al mistero»
Era il 1997 e il Premio Masi andava — tra gli altri — a quel Federico Faggin che in sé contiene il fisico, l’inventore, l’imprenditore e cui dobbiamo molti dei gesti che accompagnano la nostra vita quotidiana: c’è lui dietro i circuiti integrati (la Silicon Gate Technology), i microprocessori (il 4004 , 8008 e 8080 ai tempi dell’Intel, il Z80 con la sua Zilog), i touchscreen (con Synaptics). «A Univerò parlerò di Silicio, il libro pubblicato di recente da Mondadori in cui racconto le mie quattro vite», dice Faggin, classe ’41, vicentino trapiantato nella Silicon Valley in California: «La prima vita in Italia (laurea in Fisica a Padova nel ’65, ndr), la seconda negli Usa da ricercatore, la terza da imprenditore e la quarta, quella attuale, in cui mi sto dedicando alla natura della coscienza: dopo vent’anni di studio sono arrivato a conclusioni contrarie rispetto alla visione della scienza odierna e sto sviluppando un modello della realtà dove l’idea di consapevolezza è primaria». Spiega Sandro Boscaini, titolare di Masi Agricola— lui e Faggin dialogheranno lunedì dalle 11 alle 13, in aula 02, nell’incontro inaugurale di «Univerò 2019» curato proprio da Fondazione Masi con Confindustria Verona, presente anche la scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti, il professor Roberto Giacobazzi, il tutto moderato dal giornalista Bonifacio Pignatti — che «uno dei tanti lati affascinanti di Faggin è, come scrive lui stesso, l’essere nato a nuova vita ogni volta che la sua mente, osservando il mondo da punti di vista inaspettati e smettendo di razionalizzare, si apriva a nuove comprensioni affidandosi al mistero».
Ricercatore nell’animo, Faggin col mistero ci vive, mosso dalle domande, motore di tutto. Immaginava, ai tempi del microprocessore, che la tecnica avrebbe assunto il peso attuale sulle nostre vite? «Anche se avessi avuto aspettative esagerate questa realtà le avrebbe superate tutte», risponde. Il Paese tuttora all’avanguardia nella ricerca tecnologica? «Gli Stati Uniti, in moltissimi campi, inclusa l’auto elettrica, anche se la Cina, arricchitasi di centinaia di migliaia di ingegneri e scienziati che hanno studiato negli Usa, riconosce oggi più di ogni altra nazione il valore dell’intelligenza artificiale». I nuovi orizzonti tecnologici oltre all’IA? «Le biotecnologie, dove innovare costa meno e si solleveranno enormi questioni legate al loro uso non etico, vedi la possibilità di modificare il genoma umano, e poi le nanotecnologie, ad esempio le nano-macchine che a livello medicale producono un effetto locale molto preciso».
E ancora l’interrogativo di fine anni Ottanta, l’ipotesi di un computer cosciente, all’origine della «quarta vita» di Faggin dedicata alla consapevolezza. Scrivono lui e la moglie Elvia, sul sito internet della loro Faggin Foundation, che «la maggior parte degli scienziati presume che la coscienza sia prodotta interamente come risultato dell’attività elettro-chimica del cervello», tuttavia «non esiste principio fisico noto che possa tradurre in sensazioni o sentimenti quell’attività elettrica», semmai esiste «un’ipotesi che ha le sue radici nelle tradizioni spirituali orientali dove la coscienza era considerata una proprietà irriducibile della natura».