Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La scienza e i diritti
Famosa per i casi di cronaca, l’anatomopatologa Cattaneo ha identificato 1400 migranti affogati
Cosa fa un’anatomopatologa? «In alcuni casi permette di capire cos’è che ha portato alla morte di una persona, spiegando quindi perché è avvenuta quella perdita, in altri restituisce un’identità alla persona morta, e anche qui c’è il risvolto del contributo all’elaborazione di un lutto». Nel riassunto della professoressa Michela Rimondini, lei che con il professor Domenico De Leo parteciperà all’incontro di Univerò con Cristina Cattaneo, c’è già molto di quell’incontro stesso in programma mercoledì alle 14 in aula 06.
Direttrice del Labanof, il Laboratorio di antropologia e odontologia forense dell’Istituto di medicina legale dell’Università di Milano, Cattaneo è l’anatomopatologa più conosciuta d’Italia e dentro il suo libro «Naufraghi senza volto», dato alle stampe un anno fa da Raffaello Cortina Editore, ci sono i tre mesi di lavoro per dare un’identità a parte dei circa 1.400 migranti affogati nel Mediterraneo il 3 ottobre 2013 e il 18 aprile 2015. Una piccola fetta, quella, della vasta esperienza di Cattaneo, che quanto a «casi» da cronaca si è occupata anche di Bestie di Satana, Yara Gambirasio, Serena Mollicone, Elisa Claps, Stefano Cucchi, Davide Rossi. Il titolo dell’«a tu per tu» con Cattaneo, a Univerò, recita: «La professione del medico legale: non c’è futuro senza attenzione per i diritti».
Spiega Rimondini, docente di Psicologia clinica nel dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento dell’ateneo scaligero, che «ospitiamo Cattaneo perché riteniamo che la sua testimonianza possa essere d’ispirazione». Ispirazione dettata da due motivi. «Intanto - dice Rimondini - il tema dell’interdisciplinarietà: gli operatori sanitari devono concepirsi come un team che lavora insieme per il bene del paziente anche nell’ultima fase della sua esistenza e anche dopo ch’è morto». Poi c’è il piano etico: «Sì, di cui la storia di Cattaneo è impregnata. Lo sforzo per dare un’identità ai naufraghi del Mediterraneo è parte di un lavoro che in termini psicologici affronta la dimensione del lutto - ribadisce - perché solo quando possiamo attribuire un significato all’ultima parte di esistenza della persona riusciamo anche a elaborarne la perdita».