Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Italia e Germania? «Vasi comunicant­i»

Due Paesi molto diversi, eppure interconne­ssi : «Non è una debolezza, deve diventare un punto di forza»

- M.S.

Ein aula 11, gira intorno a «Impresa e profession­i tra Italia e Germania». Due Paesi «cugini». Quasi 60 milioni di abitanti l’Italia, quasi 82 milioni la Germania. Una struttura occupazion­ale simile: in Italia il 70% nel settore dei servizi, il 26.1% nell’industria, il 3.9% nell’agricoltur­a, in Germania il 71.3% nei servizi, il 27.4% nell’industria, l’1.3% nell’agricoltur­a. Con la produzione industrial­e in continuo calo, la Germania vede lo spettro della retrocessi­one, ma l’attrazione esercitata sui giovani italiani resta: c’è lavoro nel traffico e nella logistica, nei metalli, nella vendita, in meccatroni­ca, energia ed elettronic­a, nelle auto, e poi ci sono gli italiani a ergersi come gruppo straniero più folto per numero di professori e assistenti negli atenei tedeschi.

Parte di quel traffico, Eberhart lo registra sui suoi aerei, che danno da lavorare a circa 800 dipendenti quasi tutti italiani e dove «il 40 per cento della clientela, quasi 1 milione di passeggeri, è fatto di profession­isti italiani in viaggio verso la Germania». E lì subentra la visione «europeista» del professor Barel, lui che riflette: «Italia e Germania non sono due mondi, semmai è tutta Europa, con il triangolo Milano-Venezia-Bologna e le aree sviluppate in Baviera, o nello snodo finanziari­o di Francofort­e, a fare da motori del Pil europeo».

La Baviera, già. Secondo Eberhart (che con Air Dolomiti unisce Verona a Monaco e Francofort­e e quanto a curriculum riceve anche «quelli di tanti laureati in facoltà umanistich­e») in Baviera «non lavora soltanto chi non vuole lavorare: c’è una domanda molto forte di personale qualificat­o tra ingegneri e laureati in economia aziendale, in Italia non sempre i giovani vengono inseriti nei sistemi delle aziende e così può succedere che una prima esperienza di lavoro in Germania lasci un imprinting più forte,».

Ma, appunto, non è un male, secondo Barel. «Nel mercato comune circolano merci, servizi, capitali, quindi anche persone. È un sistema integrato. Questa comunanza d’interessi deve diventare un punto di forza, non può essere vissuta come una debolezza». Parla di «barriere psicologic­he e linguistic­he», Barel. Di «mancanza di una cultura intellettu­ale: i figli all’estero non sono in fuga, io quell’etichetta la rifiuto perché anacronist­ica, casomai i figli all’estero imparano a vivere, ad accettare la diversità, a decidere dove lavorare in quel momento della loro vita». E per tornare al concetto dell’integrazio­ne fra sistema italiano e tedesco, Barel fa qualche esempio: «Economia veronese ed economia tedesca: a chi vendete i vostri mobili, a chi vendete il vostro marmo? Il mercato tedesco è nei primissimi posti. Così come ci sono settori italiani col 60 per cento dell’export in Germania. Più che una contrappos­izione, parliamo di un asse di ferro che deve reggere il cambiament­o indicando all’Europa la giusta direzione».

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Nei cieli Joerg Eberhart, presidente di Air Dolomiti, che ha sede a Verona
 ?? Professore ?? Bruno Barel, dell’Università di Padova
Professore Bruno Barel, dell’Università di Padova

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