Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Nel Pd cresce la candidatur­a di Fracasso

Il capogruppo in pole ma ci sono pure Puppato, Baretta, Bisato. Alleanze, il M5S a rischio spaccatura

- Ma. Bo.

VENEZIA Cresce all’interno del Pd regionale la candidatur­a di Stefano Fracasso al ruolo di anti-Zaia. Ma non c’è solo lui: Puppato, Bisato, Baretta, un esponente sono gli altri nomi che circolano tra i dem. E poi c’è il nodo delle alleanze: i Cinque Stelle rischiano una clamorosa spaccatura.

VENEZIA «A questo punto facciamo la lista “Democratic­i per Zaia”, così siamo sicuri di vincere». La battuta, amara, è di un ex parlamenta­re del Pd, basito nel leggere la proposta avanzata dal deputato Gianni Dal Moro sul Gazzettino di rinunciare al simbolo del partito alle Regionali per dar corpo ad un listone unico simil civico fatto «di giovani con esperienza» («Insieme per il Veneto? Abbiamo già dato»). Dal Moro pensa a primarie aperte «a tutti i cittadini che non si riconoscon­o nella Lega» per la scelta del leader da contrappor­re al governator­e ed anche di questo si discuterà nella direzione regionale convocata a Padova per venerdì. Non è l’unico spunto: in questi giorni il segretario Alessandro Bisato, complice il venir meno dei riferiment­i nazionali della fu nomenclatu­ra renziana, fatica a tenere i singoli al loro posto e ad imporre una linea unitaria (difficoltà a cui si proverà a porre rimedio integrando la segreteria con volti provenient­i dall’area Zingaretti-Franceschi­ni).

Ci si interroga sui nomi, sul metodo, sui temi, sulle alleanze. Non ci sono punti fermi. I nomi: il più gettonato è quello di Stefano Fracasso, l’attuale capogruppo in Regione. Viene da dieci anni di battaglie contro Zaia e il suo nome avrebbe il placet del sottosegre­tario all’Interno Achille Variati. Ma non c’è solo lui: rumors danno per pronta a ributtarsi nell’agone Laura Puppato, forte delle 40 mila preferenze conquistat­e in Veneto alle ultime Europee, e lo stesso Bisato ci crederebbe, specie nel caso in cui si tergiversa­sse fino all’ultimo e si rendesse infine obbligata la «scelta di partito». E ancora, Pier Paolo Baretta, attuale sottosegre­tario all’Economia (e perché dovrebbe lasciare Roma? «Perché il governo può cadere da un momento all’altro» chiosano i maggiorent­i del Pd), oppure Alessandro Naccarato, ex deputato, esponente di spicco della corrente di Zingaretti («Se non lui, comunque uno della Ditta»). Il Veneto sarà infatti una terra difficile per i dem, ma va pur sempre presidiata in vista di competizio­ni meno ardue.

Sul metodo è acqua alta: si dibatte come al solito tra primarie sì e primarie no, al momento quest’ultima è l’opzione prediletta (nel 2010 Rubinato, Moretti e Pipitone finirono per dilaniarsi facendo un favore a Zaia) ma reggerà solo se il partito si mostrerà compatto attorno a un nome, il che come si è visto non è affatto detto.

Infine, le alleanze: da Roma premono per confermare anche alle Regionali il patto con il M5S, così da puntellare il governo. Ma ci sono due incognite. La prima è il voto in Umbria, che a fine ottobre dirà quanto gli elettori gradiscano questa fusione a freddo. La seconda è lo stesso M5S, che in Veneto si avvia alla spaccatura: il capogruppo in Regione Jacopo Berti, interprete della base, dice no e spinge per l’alleanza con le civiche; il ministro Federico D’Incà, nuovo uomo forte dei pentastell­ati qui, preme invece per l’accordo con i dem. E se alla fine si rimettesse tutto al voto di Rousseau? E il Pd può restare appeso a quel verdetto? A queste condizioni il rischio è di un fuggi-fuggi dei candidati, altroché guerra fratricida.

Umbria Si guarda al voto del 27 ottobre per capire l’appeal sul territorio dell’alleanza gialloross­a

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