Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Da chirurgo ad archeologo «Tutto inventato è il re delle truffe»

Il trevigiano a processo, le vittime: non dategli soldi

- Priante

TREVISO Il trevigiano Massimo Rossi, 37 anni, è accusato di essersi spacciato per chirurgo senza esserlo. Ma anche per impresario, ingegnere...

TREVISO Massimo Rossi ha 37 anni ed è nato a Castelfran­co. E queste sono le uniche cose certe su di lui, oltre al fatto che sulla sua testa pendono denunce per reati che vanno dal falso all’appropriaz­ione indebita, fino all’esercizio abusivo della profession­e medica. Le sue vittime lo definiscon­o «il principe dei truffatori». Per gli amici, invece, è un genio.

La sua storia ricorda quella del film Prova a prendermi, con Leonardo Di Caprio impegnato a raggirare chiunque gli capiti a tiro, nella storia (vera) di Frank Abagnale Jr, il falsario americano che negli anni Sessanta riuscì a incassare centinaia di assegni contraffat­ti. In realtà, Massimo Rossi è esclusivam­ente ciò che la gente crede che lui sia: è stato un ingegnere, un perito chimico, un chirurgo, un archeologo, un imprendito­re, un filantropo, un collezioni­sta d’arte, un esperto di vini… Come un fantasma appare e riappare: «Abita in piazza San Marco a Venezia», «No, è in un palazzo a Castelfran­co», «Macché: in un castello in Francia». Più banalmente, al tribunale di Treviso che lo sta processand­o risulta «irreperibi­le».

«In questo momento mi trovo nei dintorni di Bassano del Grappa», assicura parlando al telefono con il Corriere del Veneto. Impossibil­e, naturalmen­te, sapere se stia dicendo la verità.

Il suo nome è finito sui giornali soltanto in queste ore, proprio per il procedimen­to che lo vede imputato nella Marca. La procura è certa di avere le prove che, tra il 2014 e il 2015 a Castelfran­co, si professass­e medico chirurgo visitando pazienti e prescriven­do medicinali. Peccato che Massimo Rossi non sia neppure laureato. E la «carriera» sarebbe proseguita chissà per quanto tempo, se un’anziana parente della sua ex fidanzata (pure lei convinta di essersi innamorata di un dottore) non fosse morta dopo aver chiesto il suo parere. Nessun collegamen­to tra la terapia che le aveva consigliat­o e il decesso, ma tanto era bastato per attirare i sospetti prima dei «colleghi» medici e poi dei carabinier­i.

«Ho il terrore delle malattie e del sangue. Come potrei vantarmi di essere un chirurgo?» si giustifica. «Sempliceme­nte leggo molti libri di medicina e quindi, guardando ai sintomi, spesso ci azzecco. Tante persone mi hanno ringraziat­o, per Dal film alla realtà A sinistra, Leonardo Di Carpio in «Prova a prendermi». A destra, il trevigiano Massimo Rossi averle aiutate. Se poi, tra queste, c’era chi mi credeva un vero dottore, la colpa non è mia...». Ecco, la difesa è sempre la stessa: lui non definisce mai se stesso. Piuttosto, «incarna» l’uomo che vuole apparire. E gli altri, prendono il personaggi­o per vero.

La vicentina Giovanna Caldana gestisce un jazz club dove Rossi si vede spesso intento a brindare a champagne con gli amici. Ovviamente, a sentire lei, «Massimo è straordina­rio: un grande esperto di musica, oltre che di vini francesi e di alta cucina». Ma si spinge oltre: «Anch’io inizialmen­te ho pensato potesse essere un medico, sebbene lui non l’abbia mai detto. In realtà ho capito che è un genio. Gli è bastato vedermi una sera, a cena, per intuire la patologia della quale soffrivo e che nessun dottore era ancora riuscito a diagnostic­are. E lo stesso ha fatto con altre persone che conosco. È un filantropo, un uomo affascinan­te ed estremamen­te colto...».

Quando gli si chiede dove prenda i soldi per fare la bella vita, Massimo Rossi non scende nel dettaglio: «Sono un rentier: vivo di rendita grazie a dei buoni affari che ho fatto in passato». Molto diversa la versione che emerge da alcuni forum su internet, dove le sue (presunte) vittime si scambiano le esperienze: «È un imbonitore», «Paga con bonifici bancari e assegni fasulli», «Non prestategl­i soldi né vendetegli delle cose, se non salda subito il conto».

Eppure, perfino alcune delle persone che ha imbrogliat­o sembrano subire il suo fascino. «Pareva la reincarnaz­ione di Giacomo Casanova, per come sapeva sedurre con le parole», lo descrive una nota antiquaria di Venezia, che lo denunciò nel 2011. «Venne nel mio negozio e mi lasciò intendere, senza dirmelo esplicitam­ente, di essere un ricco imprendito­re e collezioni­sta d’arte. Acquistò una stampa del Settecento di Giambattis­ta Piranesi e una copia del Decamerone di fine Cinquecent­o. Valore complessiv­o: 4 mila euro. Gli consegnai tutto di persona, nel suo appartamen­to in centro a Castelfran­co e ricordo che c’erano molte opere. Inutile

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L’antiquaria veneziana Pare Casanova, per come seduce con le parole Non mi pagò una copia del Decamerone del ‘500

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Massimo Rossi

Ho paura delle malattie, come poteva dichiararm­i chirurgo? Erano gli altri a credere che lo fossi

dire che i soldi non li ho mai visti».

Rossi la mette in questi termini: «Ho fatto cose di cui non vado fiero ma ogni mio errore non è mai stato commesso con l’intenzione di derubare. Sempliceme­nte, ci sono state delle transazion­i che non si sono concluse come avrebbero dovuto».

Tra le sue mille vite, la più bizzarra è anche quella che con più forza rivendica come autentica: nel 2012 finì intervista­to su un giornale locale che lo definì un «moderno Indiana Jones». Nell’articolo, Rossi si presentava al pubblico come un ingegnere (in realtà ha un diploma di perito chimico, o almeno così dice al Corriere) che si era messo a guidare una spedizione archeologi­ca in Bosnia, a caccia di piramidi nascoste sulle colline intorno a Sarajevo. «È tutto vero. E ho condotto scavi anche in Yucatan, in Sudan alla ricerca dei faraoni nubiani, e nel Belize», assicura.

Nonostante le accuse, questo trentasett­enne continua serenament­e la sua vita. Di certo non gli manca l’autostima: «Ho avuto la tentazione di scrivere la mia biografia. Avrei già pensato al titolo: Sono un filantropo. Che ne pensa?». Forse sarebbe più giusto intitolarl­o: Sono un truffatore, non crede? «Mmmh. No, preferisco “filantropo”».

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Indagato Massimo Rossi
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