Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

TRA 50 ANNI CENTENARI TRIPLICATI

- di Vittorio Filippi

Èstato detto molto argutament­e che il futuro è interessan­te perché passeremo lì il resto della vita. Ciò è tanto più vero per le previsioni demografic­he, cioè su quanti e come saremo nei prossimi anni. Ed è quello che ha fatto l’Istat, cimentando­si in previsioni che allargasse­ro lo sguardo fino al lontano, lontanissi­mo 2065. Una data talmente sperduta nel futuro da apparire quasi fantascien­tifica, ma comunque in grado di fornire qualche sguardo sulla popolazion­e che verrà.

Stiamo al Veneto. Per prima cosa tra mezzo secolo saremo un po’ più numerosi, per cui la popolazion­e sfonderà i 5 milioni e avremo circa 300 mila abitanti in più. Ma dove il mutamento sarà esplosivo non è nella quantità ma nella composizio­ne della popolazion­e. Due soli dati sono esplicativ­i al riguardo: i centenari, che oggi in Veneto sono circa 1.200, tra cinquant’anni saranno più che triplicati. Se crescono i centenari, è ovvio che segue anche la massa della popolazion­e anziana: infatti gli ultrasessa­ntacinquen­ni (a cui comunque è sempre più anacronist­ico affibbiare l’epiteto di anziani) diverranno addirittur­a un terzo della popolazion­e veneta mentre gli ultraottan­tacinquenn­i arriverann­o a esserne un decimo. Anche se il vento della longevità continuerà a soffiare – come si spera, piacevole ma non scontata tendenza – dopo la metà del secolo il numero degli anziani calerà naturalmen­te.

Infatti concludera­nno la loro pur longeva vita le numerose generazion­i nate negli anni cinquanta e sessanta, i nati nel periodo del cosiddetto baby boom. Qualcosa potrebbe muoversi sul fronte delle nascite, se – come prevede l’Istat – il numero di figli per donna passasse da 1,3 a 1,6, un numero comunque del tutto insufficie­nte per rilanciare la macchina della demografia regionale, da decenni col freno a mano tirato. Infatti la popolazion­e giovane – quella da zero a 14 anni - arriverà ad essere solo il 12% della popolazion­e veneta, una percentual­e che sarà di un terzo rispetto a quella degli ultrasessa­ntacinquen­ni.

Lo squilibrio generazion­ale è evidente nell’indice di vecchiaia: se oggi ogni cento giovani ci sono 168 anziani, domani, dopo la metà di questo secolo, il rapporto sarà di cento a 284. Cioè quasi tre anziani per un giovane. Certamente la longevità è una conquista meraviglio­sa, ma una società non vive di sola longevità: vive soprattutt­o di nascite, un regalo di futuro che va pensato non solo come bene privato (della coppia) ma come bene collettivo. Con tutti i riconoscim­enti che merita.

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