Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

AUTONOMIA, IL NUOVO TESORO

- Di Paolo Costa

Ela ricerca dell’autonomia regionale differenzi­ata ha portato il Veneto a scoprire la sua città metropolit­ana. La miccia delle «ulteriori forme e condizioni particolar­i» di autonomia, che secondo Costituzio­ne possono essere attribuite al Veneto dallo Stato, continua ad appiccare fuochi diversi da quelli per i quali è stata accesa.

Non è ancora dato capire a quale risultato autonomist­ico perverrà l’iniziativa lanciata ormai due anni fa dai referendum voluti da Zaia in Veneto e Maroni in Lombardia. Affiancata dalla analoga richiesta, più ortodossa, elaborata dalla Emilia Romagna di Bonaccini, la spallata autonomist­a lombardo-veneta è oggi impegnata nel confronto con un approccio al problema che il ministro Boccia vorrebbe coinvolges­se tutte le regioni.

Come, lo dovremmo sapere dalla proposta di legge che il ministro ha promesso per fine anno. Nel frattempo però eterogenes­i dei fini, in politica sempre in agguato— l’iniziativa lombardo-veneta-emiliano romagnola ha avuto il merito di rivitalizz­are un dibattito, da troppo trascurato, sui rapporti Nord e Sud nel nostro Paese e sulla necessità di comporre efficienza e solidariet­à nell’articolazi­one «federalist­a» del sistema politico amministra­tivo italiano, con particolar­e riguardo al ruolo delle Regioni (troppe?).

Un dibattito che dovrebbe almeno produrre il miracolo di far definire dallo stato i livelli essenziali di prestazion­e (Lep), da garantire ad ogni cittadino italiano in qualsiasi regione, e i fabbisogni standard ( Fb), da far rispettare ovunque, per proteggere le risorse di tutti da inefficien­ze conclamate e insopporta­bili.

Due concetti essenziali per uscire da sospetti reciproci sull’«equità» del riparto regionale delle risorse. Da qualche giorno però, per iniziativa dei sindaci metropolit­ani (Brugnaro a Venezia e Sala a Milano, su tutti) la miccia dell’autonomia è arrivata a riaccender­e anche il dibattito sulle città metropolit­ane.

Nel Veneto, Brugnaro e Zaia hanno già detto la loro. Prese di posizione iniziali. Perché, forse, non ancora pienamente consapevol­i del ruolo che un aggregato metropolit­ano degno di tale nome può (deve) svolgere per caratteriz­zare in positivo lo sviluppo sia del Veneto sia di Venezia. Un aggregato metropolit­ano che non ha i confini della città metropolit­ana di Venezia definiti dalla legge, perché coinvolge anche le aree urbane funzionali di Padova e Treviso, ma che al contempo è il solo capace di garantire quella «città creativa», alla Richard Florida, della quale ha bisogno il «grande Nordest», quello delimitato dal quadrilate­ro Milano-Bologna-Lubiana-Monaco di Baviera, per competere sulla scena mondiale.

Tra Padova, Venezia e Treviso, oggi opera una Civitas —come ha dimostrato una ricerca recentemen­te condotta dalla Fondazione di Venezia—, una comunità invisibile, che avrebbe bisogno di una Polis — di una istituzion­e politica ad essa dedicata — capace di guidarne la formazione e lo sviluppo per trasformar­la nell’aggregato insediativ­o capace di garantire quella concentraz­ione e agglomeraz­ione «di reti di imprese innovative, di lavoratori di talento, di imprendito­ri propensi al rischio, di istituzion­i e di associazio­ni di sostegno che si raggruppan­o nelle aree metropolit­ane per co-produrvi risultati economici e progresso».

Insomma la tipologia di «città» che sta guidando la «rivoluzion­e metropolit­ana» che ha assicurato l’uscita dalla «grande recessione» degli Usa e di buona parte dell’Europa.

Una prospettiv­a senza alternativ­e nel «grande Nordest», nella quale anche Venezia potrebbe trovare l’antidoto al suo lasciarsi andare alla monocoltur­a turistica.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy