Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Manca, il grande nemico di Felicetto non crede alle accuse: «Non ha mai picchiato le donne»
Tra gli ex luogotenenti, Maritan è tornato in cella
VENEZIA Tre mesi fa, quando era uscito il famoso video dell’ex boss nelle vesti di «guru» anti-plastica, non ce l’aveva fatta a trattenersi e per la rabbia aveva perfino pubblicato due foto recenti di Felice Maniero, per «smascherarlo». Poi sul suo canale Youtube, aveva fatto un videomessaggio pure lui, prendendo per l’ennesima volta le distanze da colui che gli aveva fatto fare «37 anni di carcere». Ora però, nel giorno in cui si diffonde la notizia dell’arresto di Felice Maniero, ti aspetteresti il colpo del ko da Giampaolo Manca, ex luogotenente del boss, che invece non arriva. Manca è a Roma, impegnatissimo nel progetto di trasformare in film il suo libro Dall’inferno e ritorno, dove racconta proprio la storia della sua vita e del suo pentimento, che l’ha portato in questi due anni da uomo libero, dopo la scarcerazione definitiva del 30 novembre 2017, a girare tutta l’Italia per dire che fare il criminale non paga. Ma ora alla storia di «Faccia d’angelo» che picchia la compagna non crede più di tanto. «Lui non è mai stato violento con le donne e proprio oggi (ieri, ndr) mi ha contattato una persona a lui vicina, che mi ha detto che è innocente e che non ha picchiato nessuno», racconta. Certo, se una donna denuncia di essere stata picchiata da Maniero, tanto più a un paio di mesi dall’entrata in vigore della legge sul «codice rosso» a tutela delle donne, l’allarme scatta immediato. «Penso proprio che sia andata così, lui resta pur sempre un pluripregiudicato assassino», continua Manca, a cui quella persona ha riferito che in realtà Maniero avrebbe rotto da qualche tempo con la compagna Marta e che la denuncia sarebbe una vendetta.
Il «doge veneziano», come Manca era chiamato all’epoca, tanto che questo sarà anche il titolo del film (le riprese dovrebbe iniziare a gennaio e si vocifera di famosi attori americani), ora è molto attivo sui social, a partire da Facebook: e in mattinata aveva già «minacciato» i tanti «amici» che gli giravano la notizia dell’arresto di Maniero: «Chi mi manda l’articolo lo blocco, basta ragazzi con questa storia!». Quella storia però pesa come un macigno e, purtroppo, fa parte anche della storia «nera» del Veneto. Anche perché insieme a Manca negli ultimi anni sono usciti di galera tanti degli ex colonnelli di Maniero, molti dei quali devono proprio a lui l’arresto dopo il «pentimento-tradimento». Il prossimo sarà Mario Pandolfo, la cui scarcerazione è prevista per fine mese, e già qualcuno ha scritto che non vede l’ora di vendicarsi di «Faccia d’angelo». «Stupidaggini», taglia corto Manca.
Lui è l’unico che si è esposto ed è divenuto a suo modo famoso, tra social, Mostra del Cinema di Venezia, presentazioni del libro. Per altri motivi negli ultimi anni è tornato alla
ribalta delle cronache Silvano Maritan, pure lui mezza vita passata dietro le sbarre, ora di nuovo in cella per l’omicidio di Alessandro Lovisetto. Maritan lo scorso febbraio ha avuto la conferma della condanna
a 14 anni per la coltellata che tirò al «rivale» in centro a San Donà nel novembre 2016, per questioni che però non c’entravano più con la vecchia Mala del Brenta: Lovisetto aveva una relazione con la donna che in passato aveva amato il boss e quella sera, sotto l’effetto della cocaina come dimostrato dagli esami medici sul cadavere, l’aveva affrontato e aggredito, tanto che Maritan si era giustificato puntando sulla legittima difesa. Ma giudici l’hanno comunque condannato per omicidio volontario, perché aveva in tasca il coltello e non aveva esitato a sferrarlo contro Lovisetto, colpendolo sul collo in un punto vitale.
Degli altri, invece, non si parla più. Un anno fa Maniero, in un’intervista, aveva notato che i vertici della «banda dei mestrini» erano ormai tutti fuori e che «secondo me è già avvenuto uno spostamento di comando su Venezia-Mestre delle operazioni illecite più importanti». Ed erano tornati a risentirsi i nomi di Gilberto «Lolli» Boatto, Gino Causin, Paolo Pattarello, Giovanni «Paja» Paggiarin, Paolo Tenderini. «Paggiarin ha già pagato - aveva detto all’epoca il suo legale, l’avvocato Giorgio Pietramala - Si è fatto 7 anni di carcere su 13 e sta anche cercando un lavoro nonostante abbia 70 anni». Tenderini ha scelto il pentitismo e collabora con lo Stato. Quanto a Pattarello, già un anno fa l’avvocato Evita Della Riccia aveva detto che dopo oltre trent’anni di carcere, pure lui doveva fare i conti con i problemi di salute e i settant’anni di età. Però non è da escludere che ieri mattina, sentendo la notizia, un mezzo sorriso se lo siano fatto.