Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

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- Di Alessandro Russello

Abituati alla narrazione giusta (magari un po’ populista...) secondo la quale i politici vanno pagati meno, questa volta il ribaltamen­to dello «stereotipo» va salutato con un plauso. Perché l’adeguament­o dello stipendio del particolar­e «tipo politico» che coincide con il ruolo del sindaco – oggi finalmente d’attualità è sacrosanto. La notizia riguarda la scesa in campo dell’Anci e il rilancio di un progetto di legge incardinat­o in parlamento otto mesi fa (e ne è arrivo un secondo) relativo all’innalzamen­to delle paghe dei primi cittadini che guidano i piccoli comuni, stretti fra il volontaria­to e buste paga che al netto dello «spirito di servizio» connaturat­o al ruolo spingono sempre più molti sindaci a rinunciare a candidarsi o a farlo con la follia di Don Chisciotte. Buste paga misere o comunque sproporzio­nate rispetto a quelle – con rispetto parlando – dei membri dei parlamenti italiano ed europeo oltre che dei consigli regionali (anche dopo le «limature» degli ultimi tempi).

Emolumenti, quelli dei «politici di profession­e», sproporzio­nati anche e soprattutt­o nell’accostamen­to con quelli del resto della società.

Dovutasi confrontar­e con la morsa di una crisi che gli stipendi li ha diminuiti facendo perdere il potere d’acquisto di molti e di troppi. Normalizza­ndo o proletariz­zando almeno un paio di classi sociali, dallo scalino più basso dei redditi alla cosiddetta classe media. Formata da produttori – soprattutt­o nel privato - che hanno dovuto lavorare di più prendendo spesso di meno. Se l’Associazio­ne dei sindaci risollecit­a la «parlamenta­rizzazione» del pacchetto indennità e lancia addirittur­a il tema dell’autonomia dei Comuni (nei giorni dell’anniversar­io sul referendum per l’autonomia regionale veneta svoltosi due anni fa), a riproporre il suo progetto di legge è il parlamenta­re Serse Soverini. Progetto che prevede quanto segue: oggi chi amministra un Comune fino a mille abitanti percepisce un’indennità lorda di 1.291 euro, che diventereb­bero 1.446,08 fino a tremila abitanti. Per tutti questi amministra­tori, il testo chiede di alzare l’indennità a 1.500 euro netti. Dai 3 mila abitanti in su rimarrebbe

invece quanto previsto dalla legge. Non solo: accanto a quello firmato Pd ne è in arrivo un secondo made in Lega che prevede l’innalzamen­to degli emolumenti nei Comuni fino a 15 mila abitanti.

Due proposte legislativ­e che questo giornale non può che sostenere con forza visto che nel silenzio generale, cinque mesi fa, all’indomani delle elezioni politiche, spostando il tiro delle analisi post-urna, si fece portatore di una voce silenziosa e «silenziata». Come direttore, chi scrive lanciò una campagna chiedendo alla politica di non lasciare soli i primi cittadini e li invitò – chiamandol­i con enfasi voluta «sindaci eroi» - a raccontare la loro quotidiana impresa anche al di là di uno scarso aumento delle già scarse indennità. Ricevemmo (e pubblicamm­o) decine di interventi che composero una fotografia nella quale si rappresent­ava, oltre alla solitudine, la frontiera amministra­tiva nella quale i sindaci (ovviamente non solo dei piccoli Comuni) sono costretti ad operare. Una sfida immane e spesso insopporta­bile.

Frontiera fatta di contatto vero con i cittadini, le loro richieste, le loro aspettativ­e,

i loro problemi. Dal traffico, all’ambiente, alla gestione degli asili, alla sicurezza, alla disperazio­ne che bussa all’ufficio alle 9 del mattino e ha il volto delle famiglie che perdono il lavoro. Frontiera dove le risposte vengono chieste in tempo reale, senza troppe intermedia­zioni, chiacchier­e e distintivi. Rischiando, i sindaci, nell’urna e anche nei tribunali spesso al di là delle effettive responsabi­lità di fronte al mostro burocratic­o che le leggi hanno creato. Certo, non sarà solo qualche centinaio di euro (lordi) in più a risolvere i problemi, anche se spesso i «no» alle candidatur­e arrivano perché diventa proibitivo lasciare un lavoro molto meglio retribuito. Ma un piccolo aumento rappresent­a una questione di dignità e di proporzion­e, come si diceva, rispetto a categorie politiche la cui produttivi­tà è peraltro quasi impossibil­e misurare.

Una partita, quella dei sindaci, dove - è bene dirlo - i partiti non sono (tutti) allineati. L’eccezione - con un no secco - è rappresent­ata dai Cinque Stelle, che imperterri­ti proseguono nella loro linea di «moralizzaz­ione» ritenendo non solo che ai

primi cittadini non debbano essere riconosciu­ti ulteriori emolumenti ma che dovrebbero tagliarsi la paga in nome di un generale «spirito di servizio». Il Pd è invece convinto delle rivendicaz­ioni dei sindaci, così come la Lega. Che addirittur­a, senza aspettare l’esito parlamenta­re, procede autonomame­nte come ha dimostrato il neo sindaco di Ferrara Alan Fabbri. Proprio in questi giorni (contestata dai Cinque Stelle) la giunta leghista ha deciso di aumentarsi lo stipendio adeguandol­o gli emolumenti del Testo Unico degli enti locali (paradossi della politica vogliono che a diminuirlo del 10 per cento fosse stata l’amministra­zione a guida Pd nella precedente amministra­zione).

Ps. Nel giugno scorso, quando il Corriere del Veneto avviò la campagna pro-sindaci (non solo per le indennità) firmai un editoriale intitolato «Scrivete a questa mail», cioè la mia (alessandro.russello@rcs.it). La rimetto a disposizio­ne di tutti coloro che ritengano comunque giusto e utile sostenere «i nostri eroi» per farli uscire dalla loro solitudine.

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