Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
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Abituati alla narrazione giusta (magari un po’ populista...) secondo la quale i politici vanno pagati meno, questa volta il ribaltamento dello «stereotipo» va salutato con un plauso. Perché l’adeguamento dello stipendio del particolare «tipo politico» che coincide con il ruolo del sindaco – oggi finalmente d’attualità è sacrosanto. La notizia riguarda la scesa in campo dell’Anci e il rilancio di un progetto di legge incardinato in parlamento otto mesi fa (e ne è arrivo un secondo) relativo all’innalzamento delle paghe dei primi cittadini che guidano i piccoli comuni, stretti fra il volontariato e buste paga che al netto dello «spirito di servizio» connaturato al ruolo spingono sempre più molti sindaci a rinunciare a candidarsi o a farlo con la follia di Don Chisciotte. Buste paga misere o comunque sproporzionate rispetto a quelle – con rispetto parlando – dei membri dei parlamenti italiano ed europeo oltre che dei consigli regionali (anche dopo le «limature» degli ultimi tempi).
Emolumenti, quelli dei «politici di professione», sproporzionati anche e soprattutto nell’accostamento con quelli del resto della società.
Dovutasi confrontare con la morsa di una crisi che gli stipendi li ha diminuiti facendo perdere il potere d’acquisto di molti e di troppi. Normalizzando o proletarizzando almeno un paio di classi sociali, dallo scalino più basso dei redditi alla cosiddetta classe media. Formata da produttori – soprattutto nel privato - che hanno dovuto lavorare di più prendendo spesso di meno. Se l’Associazione dei sindaci risollecita la «parlamentarizzazione» del pacchetto indennità e lancia addirittura il tema dell’autonomia dei Comuni (nei giorni dell’anniversario sul referendum per l’autonomia regionale veneta svoltosi due anni fa), a riproporre il suo progetto di legge è il parlamentare Serse Soverini. Progetto che prevede quanto segue: oggi chi amministra un Comune fino a mille abitanti percepisce un’indennità lorda di 1.291 euro, che diventerebbero 1.446,08 fino a tremila abitanti. Per tutti questi amministratori, il testo chiede di alzare l’indennità a 1.500 euro netti. Dai 3 mila abitanti in su rimarrebbe
invece quanto previsto dalla legge. Non solo: accanto a quello firmato Pd ne è in arrivo un secondo made in Lega che prevede l’innalzamento degli emolumenti nei Comuni fino a 15 mila abitanti.
Due proposte legislative che questo giornale non può che sostenere con forza visto che nel silenzio generale, cinque mesi fa, all’indomani delle elezioni politiche, spostando il tiro delle analisi post-urna, si fece portatore di una voce silenziosa e «silenziata». Come direttore, chi scrive lanciò una campagna chiedendo alla politica di non lasciare soli i primi cittadini e li invitò – chiamandoli con enfasi voluta «sindaci eroi» - a raccontare la loro quotidiana impresa anche al di là di uno scarso aumento delle già scarse indennità. Ricevemmo (e pubblicammo) decine di interventi che composero una fotografia nella quale si rappresentava, oltre alla solitudine, la frontiera amministrativa nella quale i sindaci (ovviamente non solo dei piccoli Comuni) sono costretti ad operare. Una sfida immane e spesso insopportabile.
Frontiera fatta di contatto vero con i cittadini, le loro richieste, le loro aspettative,
i loro problemi. Dal traffico, all’ambiente, alla gestione degli asili, alla sicurezza, alla disperazione che bussa all’ufficio alle 9 del mattino e ha il volto delle famiglie che perdono il lavoro. Frontiera dove le risposte vengono chieste in tempo reale, senza troppe intermediazioni, chiacchiere e distintivi. Rischiando, i sindaci, nell’urna e anche nei tribunali spesso al di là delle effettive responsabilità di fronte al mostro burocratico che le leggi hanno creato. Certo, non sarà solo qualche centinaio di euro (lordi) in più a risolvere i problemi, anche se spesso i «no» alle candidature arrivano perché diventa proibitivo lasciare un lavoro molto meglio retribuito. Ma un piccolo aumento rappresenta una questione di dignità e di proporzione, come si diceva, rispetto a categorie politiche la cui produttività è peraltro quasi impossibile misurare.
Una partita, quella dei sindaci, dove - è bene dirlo - i partiti non sono (tutti) allineati. L’eccezione - con un no secco - è rappresentata dai Cinque Stelle, che imperterriti proseguono nella loro linea di «moralizzazione» ritenendo non solo che ai
primi cittadini non debbano essere riconosciuti ulteriori emolumenti ma che dovrebbero tagliarsi la paga in nome di un generale «spirito di servizio». Il Pd è invece convinto delle rivendicazioni dei sindaci, così come la Lega. Che addirittura, senza aspettare l’esito parlamentare, procede autonomamente come ha dimostrato il neo sindaco di Ferrara Alan Fabbri. Proprio in questi giorni (contestata dai Cinque Stelle) la giunta leghista ha deciso di aumentarsi lo stipendio adeguandolo gli emolumenti del Testo Unico degli enti locali (paradossi della politica vogliono che a diminuirlo del 10 per cento fosse stata l’amministrazione a guida Pd nella precedente amministrazione).
Ps. Nel giugno scorso, quando il Corriere del Veneto avviò la campagna pro-sindaci (non solo per le indennità) firmai un editoriale intitolato «Scrivete a questa mail», cioè la mia (alessandro.russello@rcs.it). La rimetto a disposizione di tutti coloro che ritengano comunque giusto e utile sostenere «i nostri eroi» per farli uscire dalla loro solitudine.