Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il patriarca sposta Betania e Ca’ Letizia
Da novembre mensa alla Tana. Moraglia: attenti a esigenze e sensibilità di tutti
VENEZIA «Stiamo cercando soluzioni che non penalizzino nessuno, tenendo conto delle sensibilità e delle esigenze di tutti», dice il patriarca Francesco Moraglia. Il 2 novembre sarà l’ultimo giorno in cui sarà servita la cena a Betania, da lunedì si trasferirà alla Tana, dopo quasi 40 anni. Ca’ Letizia invece la scorsa settimana ne ha festeggiato 52: anche per la mensa mestrina però è cominciato il conto alla rovescia. La Diocesi sta cercando la soluzione alternativa migliore.
VENEZIA La scorsa settimana Ca’ Letizia ha festeggiato i 52 anni: era il 15 ottobre del 1967 quando a due passi da piazza Ferretto è stato servito il primo pasto ai poveri di Mestre. Betania ne avrebbe festeggiato quaranta, il 5 gennaio: avrebbe, perché Patriarcato e Caritas hanno deciso di chiudere la storica mensa veneziana spostando il servizio momentaneamente alla Tana in vista di un accordo con l’Ire per il trasferimento definitivo alle Muneghette.
Una parte di storia della città che va in soffitta e che rimarrà solo negli annali, nei libri e nelle pagine dei giornali, così come succederà per Ca’ Letizia per la quale la chiusura si avvicina, dopo le pressioni dei residenti, ma anche dell’amministrazione comunale che ha più volte invitato il patriarca a valutare il trasferimento in un’area meno centrale, spostando gli ospiti che in passato hanno creato diversi problemi di sicurezza. «Stiamo cercando soluzioni che non penalizzino nessuno, tenendo conto delle sensibilità e delle esigenze di tutti», spiega monsignor Francesco Moraglia. La svolta c’è stata qualche mese fa quando anche la redazione di Gente Veneta, il settimanale della Diocesi di Venezia, ha lasciato la sede di via Querini trasferendosi in Seminario a punta della Dogana. Il condominio, ampliato a metà degli anni ‘90, è rimasto così praticamente vuoto se si escludono attività che si svolgono in brevi periodi, l’alloggio di un sacerdote e la mensa al piano terra. La decisione di Moraglia ha un doppio risvolto: da una parte va incontro alle richieste del sindaco, dall’altra vuole valorizzare il palazzo, anche se in questo momento non è chiaro la sua futura destinazione. Potrebbe essere venduto (una sentenza del tribunale civile ha condannato la Diocesi a restituire alla Regione quasi sei milioni di euro per il secondo stralcio dei lavori al seminario fatti con i soldi di Legge speciale) o adattato per altri usi, come ad esempio mini alloggi per ospitare persone in difficoltà o studenti. In questo senso dovrà essere superato anche il «vincolo morale» che aveva imposto la famiglia Coin all’epoca quando cedette lo stabile (allora con un piano) a monsignor Valentino Vecchi per i poveri. «Inviterei tutti, anche i giornalisti, a non buttare benzina sul fuoco», sottolinea il patriarca. Sicuramente non dovrà diventare uno dei temi della prossima campagna elettorale, per questo difficilmente si arriverà allo spostamento prima delle Comunali, anche se molto dipenderà dai bisogni della Curia. Il tema è però tutt’altro che indolore, considerando che alcuni sacerdoti hanno espresso il proprio malumore. Dal canto suo Ca’ Farsetti sta dando massimo sostegno al Patriarcato collaborando a una sistemazione alternativa (in una zona più defilata) che potrebbe essere gestita dalla Caritas e non più dalla San Vincenzo.
Sabato 2 novembre invece sarà l’ultimo giorno in cui la mensa di Betania offrirà la cena ai suoi ospiti, perché dalla settimana successiva il servizio sarà spostato alla Casa d’accoglienza San Giuseppe alla Tana, in attesa della nuova sede alle Muneghette, nello stabile dell’Ire. Una scelta dettata da motivi di sicurezza in quanto Betania non garantirebbe le condizioni minime per gli ospiti e i volontari. L’interrogativo rimane per la continuità del servizio, svolto da volontari che potrebbero alzare bandiera bianca considerando la lontananza della nuova mensa. A Venezia, così come a Mestre.