Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Mense dei poveri trasferite La Curia: non saranno hotel
Dubbi e perplessità. Don Favaro: servizi da ripensare, per Ca’ Letizia niente periferia
VENEZIA Sulle mense: «Non le spostiamo, tanto meno le chiudiamo ma ripensiamo il servizio». Sull’uso degli spazi che saranno lasciati liberi: «Di sicuro non è all’ordine del giorno la loro vendita, stiamo valutando gli usi compatibili». Don Fabrizio Favaro, vicario episcopale per gli Affari economici cerca di spegnere sul nascere le polemiche sulla chiusura di Betania a Venezia (l’ultimo pasto sarà servito sabato 2 novembre) e Ca’ Letizia (non ancora definita, ma intanto decisa). La parola d’ordine è «ripensare», sottolinea il sacerdote. «Rispetto agli anni in cui sono nate le mense sono cambiate le situazioni. Alle Muneghette accanto alla refezione, che sarà sette giorni su sette e non più sei, realizzeremo una quindicina di mini alloggi per le persone in difficoltà che hanno bisogno di un tetto, per tre/sei mesi. A Mestre riorganizzeremo il servizio introducendo un filtro attraverso un operatore che chiederà agli ospiti la disponibilità ad affrontare le difficoltà, puntando al loro reinserimento sociale».
Il «problema» dello spostamento dal centro però rimane, sia a Venezia che in terraferma. Interviene don Armando Trevisiol, il manager della carità, da sempre impegnato per i più deboli, per anni anche a Ca’ Letizia. «La città che produce “rifiuti d’uomo”, deve anche provvedere a queste persone. Già più di 40 anni fa ricordo che ogni giorno venivano chiamate le forze dell’ordine, ma questo non può costringere gli ospiti a raggiungere la periferia perché hanno tutti gli stessi diritti». Ma la Curia ha già scartato l’ipotesi di trasferire la mensa mestrina accanto alla cittadella solidale in zona Auchan, «troppo fuori sia per gli ospiti che per i volontari», precisa don Favaro. L’area non è stata ancora definita, ci sono alcune ipotesi sul tavolo «in un luogo urbanisticamente meno sensibile rispetto al centro di Mestre, ma comunque raggiungibile facilmente — precisa — Da quest’estate la Diocesi ha offerto la propria disponibilità di luoghi, progetti e risorse, quando matureranno la decisione anche gli altri soggetti coinvolti (il Comune ma il sindaco da tempo auspica il trasferimento di Ca’ Letizia, ndr) decideremo assieme». Di sicuro verrà utilizzata una struttura del Patriarcato e non è escluso che la San Vincenzo venga affiancata o sostituita nella gestione dalla Caritas. «Sullo spostamento si può anche essere d’accordo ma la nuova collocazione va condivisa con la città», interviene il presidente della Municipalità di Mestre Vincenzo Conte. Riflette il collega della Municipalità di Venezia Giovanni Andrea Martini: «Nei pensieri c’è sicuramente il dubbio sul futuro del palazzo di Betania, la preoccupazione c’è, ma è centrale pensare al servizio che questa realtà offre alla città. Queste strutture devono essere funzionali alla vita dei cittadini e alla crescita anche etica dei ragazzi».
Se infatti per Ca’ Letizia la questione ancora non si pone («Ma non stiamo pensando di vendere il palazzo, la questione dei 5,9 milioni di euro da restituire alla Regione non ci può condizionare»), diverso è il discorso per Betania. Lo stabile, dell’istituto Canal-Marovich delle Suore della Riparazione, ha bisogno di interventi di restauro particolarmente costosi che hanno sconsigliato la Diocesi di farsene carico, meglio razionalizzare i poli della Caritas e concentrare alle Muneghette (che Ire concederà in comodato trentennale alla Curia) più servizi. I vecchi locali invece potrebbero servire per l’ampliamento dei servizi offerti dalla casa studentesca Santa Fosca o come alloggi per le religiose. «Ma la povertà non va nascosta, la convivenza tra problemi e privilegi permette a una città di guardare avanti», insiste Martini.