Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

LA BOLLA DELLE PAROLE

Bio-on, la bolla delle parole

- Di Luca Barbieri

Senza entrare nella vicenda giudiziari­a, una cosa è certa: dopo l’arresto di Marco Astorri, fondatore e presidente del cda di Bio-on, «startup» bolognese (le virgolette stanno ad indicare le dimensioni raggiunte dall’impresa, la cui valutazion­e superava il miliardo di euro) che prometteva i miracoli della bio-plastica, la bolla è esplosa. Non quella delle startup e dell’innovazion­e, che in Italia continua a produrre, a dispetto di un intero sistema, progetti interessan­ti e fatturato vero. Ma quella della comunicazi­one dell’innovazion­e. Astorri è accusato di aver adottato una strategia comunicati­va «roboante e ammiccante» volta a manipolare il mercato.

Per un titolo quotato in borsa si tratta di un’accusa molto seria per gli effetti che ha sulle tasche di investitor­i e azionisti (diversi dei quali anche veneti). Le accuse della procura sono quelle di aver annunciato maxi-accordi mai siglati, di aver denunciato una capacità produttiva di 1000 tonnellate/anno contro le 19 prodotte nel corso del 2019 nello stabilimen­to di Castel San Pietro. «Le false informazio­ni sono risultate funzionali ad accrescere la capitalizz­azione e a rendere più appetibili sul mercato le azioni della società», sostengono gli inquirenti dell’operazione Plastic Bubbles. Diceva Astorri in una intercetta­zione: «Abbiamo sbagliato a scriverlo, va bene, mi prendo il mio pezzo di responsabi­lità ma non è solo colpa nostra».

«Ècolpa del sistema che ci ha indotto a fare queste omunicazio­ni». La verità la stabilirà la magistratu­ra: le accuse vengono da un fondo di investimen­to americano e l’intrico di interessi non sarà facile da sciogliere. Ma è chiaro che questo caso farà storia e «giurisprud­enza» nel mondo della comunicazi­one. Così come l’ha fatto, a livello internazio­nale, il caso Theranos. Attrarre l’enorme mole di capitali a caccia di innovazion­e è diventato un business nel business che si nutre più di storytelli­ng e packaging che di fatti e tecnologia. Dal 2012, anno del Decreto Passera che ha dato vita al sistema italiano che incentiva l’innovazion­e, la vera bolla gonfiatasi è stata soprattutt­o quella comunicati­va: progetti ancora sulla carta comunicati come fossero già realtà; storie eroiche costruite su fatturati da Partita Iva; illusioni da zero virgola spacciate per prospettiv­e industrial­i del Paese. Se in una prima fase, nell’uscita dalla Grande Crisi, una simile narrazione ha avuto anche una sua funzione per ridare speranza e tentare di accendere un faro contro tutto ciò che andava in direzione ostinata e contraria al brain drain che affligge il nostro Paese, nella fase di maturità in cui l’ecosistema delle startup è entrato nulla è più giustifica­bile. E’ anche un’autocritic­a per chi nel giornalism­o e nella comunicazi­one dell’innovazion­e lavora, un invito a tutti ad alzare l’asticella. Le tossine di una comunicazi­one dopata fatta a suon di marketing più che di deontologi­a giornalist­ica, hanno inquinato il sistema. Scovarle, come scovare le fake news, non è sempre semplice. Serve profession­alità, conoscenza del settore e metodo: tanto da parte di chi comunica che da parte dei giornalist­i specializz­ati. E una buona dose di etica.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy