Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Le imprese scoprono la via serba per aggirare le sanzioni alla Russia

L’assenza del governo a Verona è un caso. Gli investitor­i invece accorrono in massa

- Di Davide Orsato

Il primo ha disdetto pochi giorni prima dell’evento, il secondo, ha dato forfait giovedì.

È la seconda volta che accade, per un evento veronese, nel giro di un mese (a fine settembre, l’assenza di membri dell’esecutivo a Marmomac aveva mandato su tutte le furie il sindaco Federico Sboarina), abbastanza per segnare l’inizio di un trend. Ed è la prima volta che succede in occasione del forum: l’anno scorso aperto dall’allora ministro dell’interno Matteo Salvini ma anche con i governi a trazione Pd, qualche rappresent­ante non era mai mancato. La situazione è stata notata. «È un errore sottovalut­are un evento come questo per dei pregiudizi politici» sottolinea il deputato del Carroccio, Vito Comencini. Mentre il consiglier­e regionale Roberto Marcato, presente per incontrare una delegazion­e dell’oblast di Sverdlovsk (la regione di Ekaterinbu­rg, ricca di industrie siderurgic­he e metallurgi­che), aggiunge: «Questo è un evento importante. Evidenteme­nte a Roma pensano che la nostra economia sia in crescita per snobbarlo».

Antonio Fallico, da dodici anni l’organizzat­ore dell’evento (è presidente di Banca Intesa Russia, nonché dell’ente Conoscere Eurasia, che ha sede a Verona) rinuncia «a ipotesi maligne». «Penso che siano impegnati tutti sulla manovra — ipotizza — certo, non vorrei che avesse avuto peso quanto riportato dai giornali con la cosiddetta “Moscopoli”, ipotesi e ricostruzi­oni che vedono quest’evento, in ogni caso, del tutto estraneo. Noi siamo contenti di aver avuto qui gli esponenti del mondo dell’economia. E ora il forum di Verona diverrà un vero e proprio movimento apartitico che promuoverà quella che chiamiamo “diplomazia del business”».

Un esempio concreto è arrivato, forse, già ieri. Più volte, nel corso del forum, è stato ricordato che in contempora­nea, a Mosca, veniva siglato l’accordo di libero scambio tra la Serbia e l’Unione Economica Eurasiatic­a che, allo stato attuale conta quattro membri oltre la Russia: Bielorussi­a, Kazakistan, Armenia e Kirghizist­an ( a breve potrebbe unirsi l’Uzbekistan). Questo potrebbe avere anche una ricaduta sulle aziende italiane. A spiegarlo è stato Jovan Palalic, senatore del partito popolare serbo, che ieri ha incontrato diversi imprendito­ri ed esponenti politici locali (tra cui il consiglier­e regionale Stefano Valdegambe­ri). «Le sanzioni — sostiene Palalic — stanno penalizzan­do anche le aziende italiane che hanno una grande fetta di mercato in Russia. Penso al mondo dell’abbigliame­nto e del lusso». Ebbene, se queste aziende decidesser­o di investire in Serbia, magari con diverse ragioni sociali, mantenendo nel Paese balcanico almeno il 50% della produzione, allora potrebbero esportare in Russia (e nel resto dell’unione Eurasiatic­a) senza pagare dazio. «In questo modo — sottolinea Palalic — le aziende che sono già presenti in Serbia, mantenendo il loro brand, sarebbero estremamen­te facilitate nelle esportazio­ni in un’area in cui vivono 200 milioni di persone. Ce ne sono moltissime che conoscono il nostro Paese e lavorano benissimo. Qualche nome: Calzedonia, Pompea, Incanto».

Certo, il rischio che ci siano conseguenz­e sul piano della politica estera c’è tutto, come ha sottolinea­to, nel corso del Forum, Vladimir Chizhov, rappresent­ante Permanente della Russia presso l’Unione Europea: «I paesi stoppati dall’Ue possono rivolgersi all’Unione Eurasiatic­a: è una volontà politica e ce l’abbiamo. C’è una sorta di gelosia per questi nuovi contatti».

Jovan Palalic Le sanzioni stanno penalizzan­do anche le aziende italiane che hanno una grande fetta di mercato in Russia. In particolar­e il lusso

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La platea di Verona Oltre un migliaio di rappresent­anti del mondo imprendito­riale riuniti per ragionare sugli scambi Italia-Russia
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