Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Le imprese scoprono la via serba per aggirare le sanzioni alla Russia
L’assenza del governo a Verona è un caso. Gli investitori invece accorrono in massa
Il primo ha disdetto pochi giorni prima dell’evento, il secondo, ha dato forfait giovedì.
È la seconda volta che accade, per un evento veronese, nel giro di un mese (a fine settembre, l’assenza di membri dell’esecutivo a Marmomac aveva mandato su tutte le furie il sindaco Federico Sboarina), abbastanza per segnare l’inizio di un trend. Ed è la prima volta che succede in occasione del forum: l’anno scorso aperto dall’allora ministro dell’interno Matteo Salvini ma anche con i governi a trazione Pd, qualche rappresentante non era mai mancato. La situazione è stata notata. «È un errore sottovalutare un evento come questo per dei pregiudizi politici» sottolinea il deputato del Carroccio, Vito Comencini. Mentre il consigliere regionale Roberto Marcato, presente per incontrare una delegazione dell’oblast di Sverdlovsk (la regione di Ekaterinburg, ricca di industrie siderurgiche e metallurgiche), aggiunge: «Questo è un evento importante. Evidentemente a Roma pensano che la nostra economia sia in crescita per snobbarlo».
Antonio Fallico, da dodici anni l’organizzatore dell’evento (è presidente di Banca Intesa Russia, nonché dell’ente Conoscere Eurasia, che ha sede a Verona) rinuncia «a ipotesi maligne». «Penso che siano impegnati tutti sulla manovra — ipotizza — certo, non vorrei che avesse avuto peso quanto riportato dai giornali con la cosiddetta “Moscopoli”, ipotesi e ricostruzioni che vedono quest’evento, in ogni caso, del tutto estraneo. Noi siamo contenti di aver avuto qui gli esponenti del mondo dell’economia. E ora il forum di Verona diverrà un vero e proprio movimento apartitico che promuoverà quella che chiamiamo “diplomazia del business”».
Un esempio concreto è arrivato, forse, già ieri. Più volte, nel corso del forum, è stato ricordato che in contemporanea, a Mosca, veniva siglato l’accordo di libero scambio tra la Serbia e l’Unione Economica Eurasiatica che, allo stato attuale conta quattro membri oltre la Russia: Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kirghizistan ( a breve potrebbe unirsi l’Uzbekistan). Questo potrebbe avere anche una ricaduta sulle aziende italiane. A spiegarlo è stato Jovan Palalic, senatore del partito popolare serbo, che ieri ha incontrato diversi imprenditori ed esponenti politici locali (tra cui il consigliere regionale Stefano Valdegamberi). «Le sanzioni — sostiene Palalic — stanno penalizzando anche le aziende italiane che hanno una grande fetta di mercato in Russia. Penso al mondo dell’abbigliamento e del lusso». Ebbene, se queste aziende decidessero di investire in Serbia, magari con diverse ragioni sociali, mantenendo nel Paese balcanico almeno il 50% della produzione, allora potrebbero esportare in Russia (e nel resto dell’unione Eurasiatica) senza pagare dazio. «In questo modo — sottolinea Palalic — le aziende che sono già presenti in Serbia, mantenendo il loro brand, sarebbero estremamente facilitate nelle esportazioni in un’area in cui vivono 200 milioni di persone. Ce ne sono moltissime che conoscono il nostro Paese e lavorano benissimo. Qualche nome: Calzedonia, Pompea, Incanto».
Certo, il rischio che ci siano conseguenze sul piano della politica estera c’è tutto, come ha sottolineato, nel corso del Forum, Vladimir Chizhov, rappresentante Permanente della Russia presso l’Unione Europea: «I paesi stoppati dall’Ue possono rivolgersi all’Unione Eurasiatica: è una volontà politica e ce l’abbiamo. C’è una sorta di gelosia per questi nuovi contatti».
Jovan Palalic Le sanzioni stanno penalizzando anche le aziende italiane che hanno una grande fetta di mercato in Russia. In particolare il lusso