Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La rabbia degli ospiti «Scarseggia anche il cibo»
Marcon, viaggio nella struttura di Blasoni
VENEZIA «Mia madre ha 95 anni. Qui il cibo scarseggia e a volte scambiano i vestiti degli anziani». Parlano i familiari degli ospiti di una delle case di riposo gestite dall’azienda finita sotto inchiesta.
MARCON (VENEZIA) «Paragonare gli infermieri di questa struttura a quelli dell’ospedale pubblico è come confrontare l’ultimo dei giocatori del patronato con Maradona ai tempi d’oro. Meglio non pensarci...».
Franco parla e intanto spinge la carrozzina della madre attorno al perimetro della casa di riposo di Marcon. Ma quando la discussione sfiora la qualità dei servizi si ferma sul posto e mette il freno alla sedia a rotelle, come avesse bisogno di tutta la sua concentrazione (e di entrambe le mani libere) per potersi sfogare. La notizia di un’indagine sul circuito sanitario «Orizzonti Sereni» non sembra aver stupito troppo i familiari degli ospiti della struttura nel Veneziano, che da mesi si lamentavano con la direzione per i problemi nell’assistenza dei loro cari. «Qualità? La qualità è un’altra cosa - incalza ancora Franco - ma non ci sono alternative. Negli ultimi tempi qualcosa è migliorato ma siamo ancora lontani da quelli che dovrebbero essere gli standard, specie considerato che si pagano 80 euro al giorno per stare qui. Sono tre mesi che mia madre aspetta una visita medica e ci hanno già detto che dovrà aspettarne almeno altri tre».
Il malcontento è diffuso, ma non generale. «Mio padre si trova bene - si inserisce Angela - qui almeno sono umani, spero con tutta me stessa che non me lo facciano spostare». È quello che ripete anche il personale (non la dirigenza, che non è autorizzata a parlare): Alessia fa l’infermiera, e mentre si concede una sigaretta conferma i controlli delle autorità: «Sono venuti, come è normale in questi casi, ma il problema non è qui. Qui si sta bene, anche tra colleghi: io ho lavorato 13 anni in un’altra struttura e lì regnava il mobbing. Incrocio le dita che non ci facciano chiudere». C’è chi però suggerisce una certa omertà di fondo: Giulio e Francesca abitano a Marghera, nel Comune di Venezia, e hanno cercato a lungo un posto che potesse accogliere la madre 95enne: «Tutto pieno, ovunque. Quando ad aprile hanno aperto questo centro non ci sembrava vero, abbiamo venduto la casa della mamma per poterla portare qui a 2.500 euro al mese» spiegano, solo dopo aver chiesto di vedere un tesserino d’identità: «Non si sa mai, bisogna stare attenti con chi si parla: siamo tutti tenuti in silenzio con la minaccia di sfrattare i nostri cari. E se li mandano via da qui, come facciamo?». Ma la voglia di raccontare è tanta: «C’è un’enorme disorganizzazione: scambiano continuamente i vestiti lavati, nonostante gli adesivi di riconoscimento, comprano medicinali senza avvisarci e senza sfruttare le esenzioni che ci spettano, chiedono documenti che hanno già loro dal primo ricovero, è un disagio continuo».
Il problema fondamentale, che a detta loro ha preoccupato tutte le famiglie, era però quello del cibo: «Mangiano troppo poco, ci siamo lamentati tutti, al punto che le visite, in prima battuta permesse a qualsiasi ora, sono state impedite durante i pasti come se non volessero essere controllati». Prima della stretta, comunque, Francesca ricorda che a malapena veniva versato un mestolo di minestra in ogni piatto: «Il cucchiaio non si immergeva neppure, tanto poca era la zuppa. Bisognava chiedere in ginocchio di averne ancora, e quando iniziavano a servire dall’ala destra si sapeva già che una volta arrivati alla sinistra sarebbe finito tutto». I due seguono da vicino la vicenda giudiziaria, aspettando una prima sentenza per provare a rivalersi sulla società e ottenere la restituzione di almeno parte della retta (anche se non intendono spostare la madre): «Viene da chiedersi dove siano state nel frattempo associazioni e sigle sindacali conclude Giulio - Non dovrebbero essere loro a proteggerci?»
"L’infermiera Io ho lavorato 13 anni in un’altra struttura e lì regnava il mobbing Incrocio le dita che non ci facciano chiudere
Le lamentele
Da tempo i familiari degli ospiti si stanno lamentando con la direzione