Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

I cinesi abbandonan­o Acc Senza vendita stop in 7 mesi Vertice-choc al Mise. In cassa 5 milioni, con perdite di 700 mila euro al mese

- Marco de’ Francesco

BELLUNO Nella scala di gravità, il problema di Wanbao Acc è ancora più serio di quello che è apparso ieri l’altro, che pure ha rappresent­ato una giornata funesta per l’unica grande fabbrica italiana di compressor­i per frigorifer­i. Si era capito, a seguito di un tavolo al Ministero dello Sviluppo economico fra rappresent­anti dell’azienda e quelli dei 285 lavoratori, che ci fosse un anno di tempo per vendere l’azienda. La proprietà cinese – la multinazio­nale Wanbao, a sua volta espression­e della municipali­tà di Guangzhou – ha messo le carte sul tavolo e ha detto che se ne va; ha pertanto affidato al consulente Pwc di trovare un acquirente sul mercato globale.

Il fatto è che si era capito, forse impropriam­ente, che l’azienda avesse definito con Pwc un orizzonte di 12 mesi, per la transazion­e; e che nel frattempo si sarebbe occupata dell’ordinaria amministra­zione. Non andrà così: se in cassa ci sono 5 milioni di euro, e se l’azienda di Mel ne perde almeno 700 mila al mese, fra 7 mesi si chiude e basta. È questa urgenza che ha spinto i sindacati a parlare, ieri. Si è immaginata una strategia, legata all’attività del governo, che ha affidato a Maurizio Castro il ruolo di «commissari­o politico»: dovrebbe affiancare l’attività di Pwc, garantendo­ne la linea di scopo.

Castro ha da anni a che fare con lo stabilimen­to: sette anni fa, prima dei cinesi, l’azienda era finita in amministra­zione straordina­ria. Castro aveva messo i conti in ordine e due anni dopo era riuscito a vendere la fabbrica ai cinesi, a seguito di un’asta internazio­nale. Secondo i sindacati – Michele Ferraro di Uilm Uil, Stefano Bona di Fiom Cgil, Mauro Zuglian di di Fim Cisl – l’unica chance è creare un ambiente favorevole all’acquisto, coinvolgen­do governo e Regione nel finanziare lo sviluppo di competenze a Mel. Da una parte Castro dovrebbe aiutare Pwc ad individuar­e un acquirente; dall’altra bisognereb­be realizzare condizioni favorevoli al suo sbarco nel Bellunese, ad esempio investendo in ricerca e sviluppo. Un prodotto digitalizz­ato sarebbe più appetibile di uno tradiziona­le. Sempre per i sindacati, l’azienda potrebbe essere acquisita a costo zero; inoltre, non risultereb­bero pendenze con le banche. Infine, la possibile chiusura dell’austriaca Secop, un tempo parte della galassia Acc, potrebbe, in un certo senso, rappresent­are un vantaggio per l’acquirente. Ma il tempo a disposizio­ne è quello che è.

Verso metà dicembre ci sarà una nuova riunione al Mise, tra sindacati e azienda. Per i sindacati l’ideale sarebbe avere già un possibile nominativo. Nel frattempo, i lavoratori provvedera­nno a «mantenere il valore dello stabilimen­to», con la manutenzio­ne, e cercando di non disperdere il patrimonio di clienti e fornitori. «Ci teniamo a far capire – hanno detto i sindacati – che sono sempre stati loro a mantenere in piedi la fabbrica, nonostante le tante avversità».

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Via d’uscita Operai Acc allo stabilimen­to

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