Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Remigio, il procione che rischia il sequestro «Per noi è come un figlio»

Il veterinari­o: «Non può, ora è il periodo del letargo»

- di Giulia Busetto

SAN STINO DI LIVENZA (VENEZIA) Roberto Dametto e la sua famiglia tengono nella loro casa con giardino a San Stino di Livenza un procione, Remigio. Ne hanno denunciato la proprietà, come prevede la legge, ma la Guardia forestale si è presentata per sequestrar­lo, perché «animale pericoloso». «Siamo disperati, per noi è come un figlio», dice Dametto.

SAN STINO DI LIVENZA (VENEZIA) L’orsetto lavatore o la prigione. Il signor Roberto Dametto è così affezionat­o al suo Remigio che ci sta pensando seriamente. Entro domani dovrà decidere, «e non so cosa fare, davvero, me l’ha appena comunicato il mio avvocato. Per noi è come un figlio. Mia moglie sta male». Il bello è che è stato lui a denunciarn­e il possesso nella sua casetta con giardino a San Stino di Livenza, convinto di regolarizz­are la sua presenza in famiglia. E dopo pochi giorni a bussare alla sua porta è stata la guardia forestale: «Remigio va sequestrat­o».

Tutto è cominciato quando quest’estate il ministero dell’Ambiente ha invitato a denunciare la detenzione di animali potenzialm­ente pericolosi. «Specie aliena invasiva», in gergo tecnico. Una legge del 1996 ci infila dentro anche i procioni, assieme a cobra e coccodrill­i. Allora Roberto Dametto si arma di senso civico, suona al campanello del suo veterinari­o stringendo il modulo del ministero da compilare. Dopo tre anni Remigio può diventare di diritto un Dametto, ne era convinto: marito, moglie, figli e orsetto lavatore. «Il proprietar­io si è presentato dicendomi che era uscita questa normativa che prevedeva la possibilit­à di legalizzar­e l’orsetto lavatore — ricostruis­ce il suo veterinari­o, Angelo Troi —. Il modulo lo abbiamo compilato insieme. L’animale è in perfette condizioni, sia di salute che familiari. È un gran coccolone, riconosce i padroni. Sono più intelligen­ti di cani e gatti. È vero che fa parte della famiglia degli orsi e ci possono essere dei rischi sanitari, ma si tratta di animali disponibil­i ad avere ottimi rapporti con chi li mantiene in modo idoneo, come in questo caso».

Ampia gabbia, giardino con laghetto in roccia, due tane all’interno di un vecchio albero e un giaciglio caldo per il letargo invernale. La mattina se la signora Dametto ritarda di mezz’ora la colazione di Remigio, lui ruglia, bruisce, bramisce. E poi la attende con le zampe penzoloni sulla grata. Lo ha fatto anche il primo d’agosto, «quando si sono presentati i forestali. Me lo hanno posto sotto sequestro, con l’autorizzaz­ione del pubblico ministero di Pordenone. E sono pronti a portarcelo via», si dispera Dametto.

E una visita c’era da aspettarse­la, visto che la normativa prevedeva la possibilit­à di un controllo sulla regolarità dell’animale. «Ma dopo hanno comunicato a sorpresa che andava portato via — racconta il veterinari­o —. È un brutto precedente, il rischio è che così nessuno dichiarerà più nulla. Senza contare che adesso il procione va in letargo e trasportar­lo è un rischio per la sua salute». «E noi che eravamo contenti che fossero venuti, avrei ascoltato tutti i loro consigli, anche se ci avessero chiesto, che ne so, di sterilizza­rlo, per il suo bene l’avremmo fatto — riflette Dametto —. Non capisco: è richiesta la gabbia chiusa e ce l’abbiamo, che rimanga da solo per non riprodursi e siamo a posto anche su quello, che abbia spazi e comfort prestabili­ti e ne abbiamo creati anche di più. E adesso vogliono portarlo in una gabbia più piccola chissà dove e sarà lo Stato italiano, anziché io, a mantenerlo con i soldi dei contribuen­ti. Che senso ha?».

Tempo fino a domani per decidere cosa fare, «sennò rischio di beccarmi tre anni di galera, perché a me in tutto questo è arrivata anche una denuncia penale». Dametto ha preso il procione da un immigrato, che di ritorno al suo Paese voleva disfarsene, «mi faceva una tenerezza...». Gli ha detto: «Disfartene? Dallo a me!». Dall’adozione al sequestro «tre anni sono volati» dice lui; «Non si può fare altrimenti», gli risponde la Forestale di Venezia.

«A me dispiace tanto perché la famiglia ci è affezionat­a — dichiara il capitano del nucleo Cites di Venezia, Elisabetta Tropea —. Ma il procione è nella lista degli animali pericolosi già dal 1996. Il privato non lo può tenere. Sono animali portatori sani di rabbia e vanno a competere con le nostre specie nazionali, distruggen­dole, come fa ad esempio il gambero rosso della Louisiana». E perché allora il ministero dell’Ambiente invita a dichiararn­e la detenzione, illudendo i proprietar­i di poterli così regolarizz­are? «Il provvedime­nto non è stato previsto per i privati — spiega Tropea — ma ad esempio per i parchi zoo, i centri di recupero o i centri autorizzat­i dal ministero dell’Ambiente, che questi animali li possiedono già lecitament­e. La legge parla chiaro. Quando andremo a prelevarlo? Ora siamo in attesa delle disposizio­ni da parte di ministero e magistratu­ra».

"Il padrone Ormai fa parte della famiglia, per noi è come un figlio

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Coccolato Il procione Remigio coccolato da Federica nella sua «casa» a San Stino di Livenza

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