Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La pagella di Zanzotto scoperta da Targhetta «Gli piaceva la storia»
Targhetta ha rintracciato i voti del poeta, studente del Duca degli Abruzzi di Treviso
Ci voleva un professore scrittore per trovare la pagella di un poeta professore, custodita da ottant’anni negli archivi chiusi a chiave di un liceo, sconosciuta ai più. Si incrociano al Duca degli Abruzzi di Treviso i destini di Francesco Targhetta, finalista del Premio Campiello nel 2018, e di Andrea Zanzotto, il narratore del Veneto e del suo paesaggio, interprete di una regione nata contadina e diventata impresa, lasciando in eredità alla sua terra raccolte di versi densi e dolorosi, incredibilmente attuali, nei quali affrontava il «progresso scorsoio» di una Marca disorientata e violentata da un improvviso sviluppo industriale.
Anno 1937, il Duca degli Abruzzi è un istituto magistrale. Quell’estate si diploma un giovanissimo Zanzotto, appena sedicenne; nelle cronache e nelle biografie viene riportato il suo diploma di liceo classico che però conseguì successivamente, da privatista. È invece qui che vengono conservati i registri del suo primo esame di maturità. «È stato emozionante trovare questo documento, in un faldone dietro una griglia chiusa a chiave, gli archivi offrono una quantità di spunti straordinari» racconta Targhetta, oggi docente proprio al Duca, la scuola frequentata dal «maestro», che però in quella scuola non insegnò mai. E dopo il dottorato in Italianistica all’università di Padova, l’autore di Le vite potenziali non ha perso il gusto e la passione per la ricerca.
«Zanzotto ha frequentato l’istituto magistrale tra il 1934 e il 1937 ed era, ovviamente, un ottimo studente» annota. Ci sono tutti otto e nove nella pagella trovata e sfogliata da Targhetta: i nove sono in storia e in agraria, le materie preferite dal poeta, e poi sfilano otto in italiano e latino, filosofia e pedagogia, musica e disegno, ma anche in matematica, fisica e scienze naturali. Otto anche in cultura militare, perché quelli erano gli anni del fascismo. C’è un solo sette in educazione fisica, una disciplina poco amata e meno adatta alle sue attitudini.
Zanzotto viveva a Pieve di Soligo con la famiglia. Era di due, anche quattro anni più giovane dei suoi compagni, e concluse in anticipo la scuola per passare dall’altra parte della cattedra. «Tutte le mattine si svegliava alle 5, prendeva la corriera per Conegliano, da lì prendeva il treno per arrivare a scuola, a Treviso, rientrando a casa alle 4 del pomeriggio. Un sacrificio enorme per un ragazzo. Ma dai dati e dalle cronologie è rimasto sempre più legato alle sue colline, magari questo 9 in agraria lo può far intuire e comprendere».
Il poeta è morto il 21 ottobre 2011 e quest’anno Targhetta proporrà alcune opere del poeta pievigino a due classi maturande. «Insisterò soprattutto sul tema del paesaggio e sul senso di perdita e disorientamento – spiega -, quello che lui chiama il “progresso scorsoio”, il passaggio dalla civiltà
A sinistra, Francesco Targhetta con Maria Antonia Piva, preside del «Duca degli Abruzzi»: sul tavolo il registro con la pagella di Andrea Zanzotto (sotto, un particolare) Nella foto piccola, il poeta solighese contadina a quella industriale. Un passaggio vissuto qui in Veneto con una rapidità e una violenza senza eguali in Italia. Nonostante le nevrosi che lo assillavano, fu il primo a leggere lucidamente la realtà, a riconoscere ciò che stava succedendo e a raccontare la bellezza in un senso molto dolente». Una riflessione quasi premonitrice: «La poesia non deve dare risposte, quella di Zanzotto lanciava allarmi, evidenziava un disagio – rileva Targhetta -, la violenza sul paesaggio è sull’uomo e sulla comunità. Ed è per certi versi anche fastidioso vedere come oggi Zanzotto venga ritenuto un’eccellenza del territorio quando, mentre lui cantava di questa terra, le sue parole non venivano ascoltate».