Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Batte il tumore e si licenzia ora lavora in Rianimazio­ne

- Polese

PADOVA Monica (seconda da sinistra nella foto) scopre a 35 anni di avere un tumore. Lascia il lavoro, guarisce e diventa tecnico dei servizi sociali. Ora, lavora in Rianimazio­ne.

la mia vita doveva cambiare, ma non potevo aspettare di guarire, dovevo iniziare subito, io non ero il cancro, io sono sempre stata Monica».

Come un’amazzone questa coraggiosa donna che oggi ha 49 anni e che vive a Cavarzere, ha ripreso in mano la sua vita, e ne ha fatto la sua rivoluzion­e. E volendo rovesciare quella domanda, si potrebbe quasi affermare che Monica è guarita perché doveva ancora fare delle cose, quelle più importanti, quelle che le riempiono il cuore e l’hanno fatta diventare una donna nuova. Monica era operaia in una ditta di vestiti e dopo l’esito dei primi accertamen­ti sul suo tumore al seno, dopo aver superato lo smarriment­o e la paura iniziale, ha deciso che quella vita di prima non le bastava più, che c’era ben altro a pulsarle dentro. «Avevo lasciato andare le mie ambizioni, e me le sono riprese», dice, per cui ha studiato e ha preso il diploma di tecnico dei servizi sociali seguendo la scuola serale. I libri da una parte, la flebo della chemio dall’altra e la mamma che la interrogav­a per farla arrivare preparata. Forte come una tigre Monica ha preso la Maturità, ma ha dovuto affrontare una nuova prova: un altro carcinoma, questa volta alla Tiroide. La diagnosi rapida e l’intervento risolutore le hanno permesso di non abbattersi e continuare. Il percorso della sua nuova vita l’ha portata a lavorare al reparto di Rianimazio­ne dell’ospedale dell’Immacolata Concezione di Piove di Sacco. Dal tumore al seno è guarita, la tiroide è ok, ma deve stare sotto controllo. «E’ come se il cancro mi avesse spinto a migliorarm­i, non potevo dargliela vinta, non sarei stata io, ho sentito dentro una forza che mai avrei pensato di avere, ora lavoro a tempo pieno, sono a contatto ogni giorno con il dolore e la malattia, la disabilità, ma cerco di portare speranza con il mio esempio – racconta - ho il rimpianto di non aver figli ma ho Nero e Camilla, i miei due cani, che adoro, ho sei splendidi nipotini e sono loro le mie medicine – continua – ho imparato che le cure, le medicine salvano, ma anche l’amore salva. Ho imparato che i giorni che abbiamo davanti non sono infiniti, per cui bisogna aggiungere tanta vita in ogni giorno che viviamo».

«Sono ammaliato di fronte a tanta straordina­ria caparbietà – dice il direttore dell’Ulss 6 euganea Domenico Scibetta – Monica ha tirato fuori gli artigli e si è salvata, ora il suo coraggio e quella bellezza li trasferisc­e ogni giorno in ospedale, dove si trasforma in una infusione di vita».

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La rinascita

Mi sono ripresa le mie ambizioni, mi sono rimessa a studiare: mi interrogav­a la mamma

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