Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Gli studenti: «Qui pochi fondi per la ricerca»

- di Martina Zambon

Biotecnolo­gi, ingegneri, psicologi. La maggior parte degli studenti decide di lasciare l’Italia perché qui le risorse per la ricerca sono inferiori. Ma c’è anche chi, fra gli universita­ri padovani, non vuole creare qui una famiglia.

PADOVA Prendere e partire. Per lavorare dove le risorse per la ricerca sono maggiori, certo, ma anche, più sempliceme­nte, perché si sogna una famiglia spiega Nicholas Bedin, studente in ingegneria chimica. Lo dice quasi schivo quando gli chiediamo perché vuole trasferirs­i definitiva­mente all’estero. Dopo i numeri dell’ultimo rapporto della Fondazione Migrantes sugli under 35 che cercano fortuna oltre confine, i volti e le voci degli studenti padovani, sono una polifonia di motivazion­i e, spesso di dubbi. «In Norvegia

– racconta Nicholas – gli studenti vengono pagati in proporzion­e ai voti. Altrove va così. E io voglio farmi una famiglia ma l’Italia non è il posto giusto, troppo retrograda. Un dato su tutti? Il livello di discrimina­zione verso gli omosessual­i. Ma è solo uno dei tanti esempi possibili. Per non parlare della politica ridotta ormai a pura propaganda».

E colpisce parlare, poco dopo, con Michela, studentess­a di psicologia. Ha 23 anni. Le premesse sono le stesse – l’Italia ha tanta strada da fare

– ma le conclusion­i sono agli antipodi: «Andare all’estero? Ci ho pensato ma credo non ne valga la pena. Immagino di poter fare esperienze temporanee di formazione all’estero ma con l’idea di tornare. Scegliere di vivere all’estero è quasi un luogo comune ormai. Io credo nell’importanza della responsabi­lità verso il proprio Paese». Pochi passi verso il Portello e ci imbattiamo in Luca, ingegnere informatic­o che sta pensando a un Erasmus in Spagna o in Belgio e Federico, studente di Statistica che sull’inglese ci sta lavorando. «Per ora voglio iniziare con una prima esperienza all’estero – spiega Luca – ma non escludo di poter restare. Siamo una generazion­e nata in un mondo più aperto e non c’è ragione di limitarsi nelle proprie scelte di vita. I miei genitori sono più che d’accordo. Ormai un biglietto aereo si compra per poco». E non è un caso che le regioni da cui maggiormen­te i giovani partono sono le «ricche» Lombardia e Veneto. «Beh, sì, aiuta» ammette Luca. Non è così, però, per tutti.

Poco lontano un gruppetto

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Nicholas Voglio una famiglia ma non in Italia

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Alessandra L’esperienza più bella in una favela argentina

di psicologhe si appassiona al tema. «Alla prima lezione universita­ria - dice Giulia - ci hanno detto che qui occasioni non ce ne sono, meglio andare all’estero». Quel resto d’Europa a cui è relativame­nte facile accedere. Alessandra mastica amaro, nell’ultimo anno ha lavorato a tempo pieno per pagarsi l’università riuscendo però a dare solo un esame e ricorda con nostalgia il periodo trascorso in una favela argentina con una Ong. In riva al Piovego un gruppetto di studenti di biotecnolo­gie chiacchier­a e gioca a briscola. E pure loro parlano con una voce sola: «Potendo scegliere rimarremmo ma non ci sono abbastanza risorse per fare ricerca seriamente». Alessandro sogna di poter scovare nuovi vaccini, Francesco è pragmatico: «Si va dove si può lavorare».

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