Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
«Marco e Gloria, era tutto chiaro sin dall’inizio»
VENEZIA Il rapporto sulla prima parte dell’indagine relativa all’incendio della Grenfell Tower di Londra, che nel 2017 provocò la morte dei fidanzati veneti Gloria Trevisan e Matteo Gottardi, conferma i dubbi delle loro famiglie. E cioè parla di negligenze nei soccorsi. «L’avevamo sempre detto che i vigili del fuoco hanno commesso errori fatali», dichiarano i parenti.
VENEZIA Hanno firmato, come tutti i parenti delle vittime, i sopravvissuti e i loro avvocati, un patto di riservatezza che impone il silenzio fino a domattina sulle prime mille pagine d’inchiesta relative all’incendio della Grenfell Tower di Londra. Il terribile rogo partito da un freezer al quarto piano e che, nella notte fra il 13 e il 14 giugno 2017, finì per inghiottire la torre e ucciderne 72 inquilini, fra cui Gloria Trevisan, 26 anni di Camposampiero, e il fidanzato Marco Gottardi, 27enne di San Stino di Livenza, emigrati in Inghilterra da qualche mese. I familiari dei due giovani architetti, benché rispettosi dell’accordo di non divulgazione, secondo le prime indiscrezioni pubblicate dai giornali inglesi vedono confermati i loro dubbi sul comportamento dei vigili del fuoco e sull’uso di materiali scadenti per la costruzione della torre. Le indagini coordinate dal magistrato in pensione Martin Moore-Black accusano infatti i pompieri di Londra di «gravi manchevolezze», come il fatto di non aver riposto subito alle richieste d’aiuto e il consiglio agli inquilini di «stare dentro casa» («stay put»), fatale a 49 delle 72 vittime, in più segnala che il rivestimento d’alluminio dell’edificio ha facilitato la diffusione delle fiamme.
«Ho sempre sostenuto che le responsabilità della tragedia sono da ricercare in quattro ambiti — dice Giannino Gottardi, papà di Marco — ovvero progettazione, esecuzione dei lavori e manutenzione della torre e soccorsi durante l’incendio. L’ordine di stare chiusi dentro è solo una delle tante scelte fatali, insieme ai ritardi nei soccorsi, alle inefficienze, al fatto che i vigili del fuoco non sapessero cosa fare e cosa non fare». «Vogliamo sapere cos’è successo davvero e capire situazioni che ancora non ci è dato conoscere e che spero siano chiarite — incalza Guido Trevisan, fratello di Gloria —. Ci è stata mandata una sintesi del rapporto, di 30-40 pagine in italiano. Durante le indagini abbiamo posto domande specifiche alla Corte, ci sono dubbi che ci assillano da due anni e vogliamo risposte concrete. Ci sono tanti buchi neri e circostanze che non quadrano e che le autorità locali non possono nascondere. Chiediamo giustizia: se sono state appurate responsabilità per noi chiare dall’inizio, recitino il mea culpa. Non possono nascondersi dietro paraventi».
Trevisan precisa: «E che sia una giustizia vera, ci dicano se alla base della tragedia ci sono negligenze, errori, imperizia, quello che è. Si assumano le loro responsabilità. Ci sono state delle vittime sia per il comportamento dei vigili del fuoco sia per la scelta di usare materiali scadenti per rivestire la Grenfell». A gennaio la famiglia tornerà a Londra, per nuove deposizioni e per parlare con il coroner. Per seguire la vicenda più da vicino, l’avvocato della famiglia Trevisan, la veronese Maria Cristina Sandrin, ha aperto uno studio a Londra, lasciandoci dei collaboratori che l’aggiornano quotidianamente. Lei fa su e giù. «Ho partecipato alle indagini — rivela — e una delle mie prime contestazioni ai soccorritori è di aver fornito indicazioni agli inquilini senza prima essersi fatti un’idea precisa della situazione. Mi hanno risposto che hanno applicato un protocollo studiato per fronteggiare casi simili ma che, ho replicato io, non ha fornito l’esatta dimensione del problema. Avrebbero dovuto verificare. L’altra contestazione riguarda il mancato ricorso agli elicotteri, che avrebbero dovuto prima trarre in salvo le persone inutilmente salite al 23esimo piano e poi gettare acqua per spegnere le fiamme. Invece all’ultimo piano sono stati scoperti i cadaveri della maggioranza delle vittime — aggiunge il legale — hanno trovato chiuso il cancelletto d’ingresso al tetto. Le autorità inglesi mi hanno risposto: in Italia avete i Canadair, ma noi non siamo attrezzati per usare gli elicotteri, in dotazione solo all’esercito».
L’avvocato ha ricordato che il principe William partecipava ad operazioni di soccorso in elicottero: «Allora questo servizio ce l’avete». Dall’altra parte silenzio. «Ho incalzato con rabbia — continua Sandrin — lì vicino c’era il Tamigi, gli elicotteri si sarebbero potuti rifornire facilmente. E allora mi è stato detto che le pale sarebbero rimaste danneggiate dal fumo e dal vento». Inverosimile pure il motivo dei ritardi: «Quando la torre è sorta, non aveva attorno tutti gli edifici costruiti in seguito e che hanno ostacolato l’accesso delle autobotti. Ce ne scusiamo, siamo consapevoli di aver faticato a circondare subito la Grenfell, ma ci siamo trovati davanti anche questo intralcio. Ci servirà di lezione».
Guido Trevisan
Ci sono tanti buchi neri e circostanze che non quadrano. Chiediamo giustizia: se sono state appurate responsabilità, recitino il mea culpa
Giannino Gottardi L’ordine di stare chiusi dentro è una delle tante scelte fatali, insieme ai ritardi nei soccorsi e al fatto che i pompieri non sapessero cosa fare