Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Il marito morì nel ciclone «Non è colpa della Natura»

Il padovano fu colpito da un albero a Feltre. La vedova: «Mai più»

- di Andrea Priante

PADOVA «Mia figlia ha soltanto otto anni, è una bambina. A volte mi chiede di prestarle il cellulare e scrive dei messaggi che invia al numero del suo papà…».

Victoria Cervantes è la vedova di Sandro Pompolani, morto un anno fa a Feltre, nel Bellunese. Aveva 49 anni, era un chimico, lavorava per un’azienda di vernici. E fu la prima vittima veneta della tempesta Vaia: un albero cadde sopra la sua auto e lui restò intrappola­to tra le lamiere. Impossibil­e salvarsi.

Dodici mesi dopo - mentre anche l’Italia ha finalmente capito quali possano essere gli effetti del cambiament­o climatico e la montagna si interroga su quanto ci vorrà per raccoglier­e milioni di alberi abbattuti - in un appartamen­to della periferia di Padova la piccola e sua madre piangono un uomo che non c’è più.

A Victoria trema la voce, mentre rilegge i messaggini inviati dalla figlia: «Ciao papà, spero che tu abbia dei nuovi amici», «Ci vediamo in paradiso», «Vorrei solo sapere se stai bene».

«Non ci vuole venire, in cimitero. Ogni tanto, quando sa che andrò in visita alla tomba, gira dei video con il telefonino e mi chiede di mostrargli­eli. E io lo faccio: rivolgo lo schermo verso la foto sulla lapide e faccio scorrere i filmati. E intanto racconto a Sandro come stanno andando le nostre vite senza di lui».

Come stanno andando? «Molte persone mi sono state vicine e vorrei ringraziar­le tutte, a cominciare dai suoi vecchi compagni di scuola. Ma è difficile guardare avanti. Mi sforzo di mostrarmi forte, piango soltanto quando sono sola, di nascosto. Ogni volta che rientro in casa mi viene istintivo chiamare il suo nome, dirgli che sono arrivata, come se davvero fosse in qualche stanza ad aspettarmi... Ma i momenti più duri sono quando mia figlia mi chiede perché a morire è stato proprio il suo papà o quando mi dice di non credere in Gesù. Mi spaventa la sua concretezz­a, il suo voler andare in fondo a questo argomento della morte, come se non accettasse l’idea che le cose a volte accadono senza un vero perché, per “magia”. Ecco, da quando Sandro è morto, la nostra piccola ha smesso di credere nella magia». È triste.

«Tanto. Ci penso e mi dico che è ancora una bambina e che tutti i bambini dovrebbero credere nella magia…».

In che modo vi eravate conosciuti, lei e suo marito?

«Sono nata in Perù ma sono emigrata in Veneto alla fine degli anni Novanta. A Padova andavo in palestra, frequentav­o un corso di aerobica. È lì che ci siamo incontrati. All’inizio mi guardava senza trovare il coraggio di rivolgermi la parola: Sandro era un uomo timido e riservato. Con il passare dei mesi abbiamo imparato a conoscerci e poi ci siamo innamorati. Di lui mi piaceva la gentilezza: era capace di coprirmi di attenzioni, di farmi ridere… Quando abbiamo avuto una bambina, ho scoperto che era anche un bravo papà».

Cosa ci faceva a Feltre? «Alcuni anni fa aveva accettato un posto di lavoro nel Bellunese. Viveva in un appartamen­to a Feltre per la prima parte della settimana e tornava da noi il giovedì sera, trascorren­do

l’intero weekend a Padova. Lo scorso 29 ottobre, era un lunedì, ha chiamato intorno alle 18. Ha risposto nostra figlia. Le ha detto che stava per salire in auto e che c’era un tempo da lupi. “Ti richiamo appena arrivo a casa”, le ha assicurato».

Non è mai arrivato al suo appartamen­to.

«Il telefono non ha più squillato ma non ci siamo preoccupat­e: abbiamo fatto i compiti, cenato, e poi mia figlia ha voluto addormenta­rsi nel lettone con me. Intorno alle 23 mi ha svegliato il suono del campanello, erano i carabinier­i…».

L’inchiesta è stata archiviata: secondo la procura, la morte di suo marito non nasconde alcun reato…

«La rabbia rovina le persone e quindi mi sono imposta di non provare alcun rancore. Però di una cosa sono certa: se da un lato non si può impedire alla Natura di scatenarsi, dall’altro ci sono uomini che hanno il compito di vigilare e fare il possibile per limitarne i danni. Ecco, senza voler accusare nessuno, mi chiedo se quel giorno sia stato fatto tutto ciò che si poteva per impedire che un automobili­sta di passaggio venisse travolto dal crollo di una pianta e perdesse la vita».

Dicono fosse impossibil­e prevedere raffiche di vento a 200 chilometri orari…

«Forse. O forse quella strada circondata dagli alberi andava chiusa al traffico. Vorrei almeno che fosse l’ultima volta: non deve accadere mai più».

"Victoria Mi chiedo se venne fatto il possibile per limitare i danni della tempesta: forse la strada andava chiusa

 ??  ??
 ??  ?? Gli anni felici Victoria Cervantes con il marito Sandro Pompolani e la loro figlia, in una foto scattata alcuni anni fa. La bimba oggi ha 8 anni
Gli anni felici Victoria Cervantes con il marito Sandro Pompolani e la loro figlia, in una foto scattata alcuni anni fa. La bimba oggi ha 8 anni
 ??  ?? L’automobile
La vettura di Sandro Pompolani, travolta a Feltre (Belluno) la sera del 29 ottobre 2018 da un albero caduto a causa delle raffiche di vento della tempesta Vaia
L’automobile La vettura di Sandro Pompolani, travolta a Feltre (Belluno) la sera del 29 ottobre 2018 da un albero caduto a causa delle raffiche di vento della tempesta Vaia

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy