Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Diadora rinuncia alla calzature in pelle di canguro

- S.Ma.

TREVISO Diadora ha deciso di cambiare strada, di fare un altro passo per ridurre l’impronta ambientale della propria attività. La società guidata da Enrico Moretti Polegato (nella foto con uno dei modelli dell’azienda) Ha deciso di rinunciare a un elemento che poteva sembrare imprescind­ibile nella produzione di calzature sportive di alto livello, ma oggi divenuto incompatib­ile con una mutata coscienza verso l’ambiente: da fine 2020 l’azienda trevigiana non utilizzerà più pelle di canguro per realizzare le scarpe dei campioni. Quelle che hanno usato negli anni calciatori come Van Basten, Baggio, Weah e Totti. Nonostante per l’azienda rappresent­i un costo, la spinta dell’ambientali­smo e del veganesimo hanno convinto la famiglia Moretti Polegato (che ha acquisito il brand nel 2009) e i manager a investire in ricerca e nuovi materiali, una scelta etica per dimostrare che si possono realizzare calzature di ottima fattura e prestazion­i tecniche anche con una maggiore attenzione all’ecosistema.

Non è un mistero che in Australia i canguri siano una specie a rischio: ogni anno più di due milioni di esemplari vengono uccisi e la mattanza ha portato dal 2000 a oggi a 45 milioni di animali soppressi, grazie anche a una legge nazionale che ne autorizza la caccia. Emerge però che l’Italia è il primo Paese in Europa per importazio­ne di questo (fino ad ora, proteste permettend­o) pregiato pellame. La sensibilit­à globale però è già cambiata, come mostra una simile scelta. In rete ci sono decine di petizioni, lanciate sia dalle associazio­ni animaliste che da privati, in cui si chiede alle aziende italiane di invertire una rotta potenzialm­ente tragica per i canguri, e Diadora ha scelto di aderire nell’unico modo in cui poteva farlo: rinunciand­o a quella specifica pelle. «Questa decisione – affermano dal quartier generale di Caerano San Marco - conferma l’impegno di Diadora verso uno sviluppo sostenibil­e e responsabi­le».

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